Anno 134 - Luglio-Agosto 2022Scopri di più
L’altro capo della corda
Elide Siviero
Mi torna in mente ogni tanto il titolo di un libro memorabile del maestro elementare Marcello D’Orta, che raccoglieva sessanta temi di bambini napoletani, Io speriamo che me la cavo, pubblicato nel 1990. Fu un caso letterario e il titolo evocava la fine del mondo a cui il bambino sperava di sopravvivere. In questo periodo in cui pandemia e guerra hanno davvero messo alla prova la nostra vita potremmo essere tentati di cadere nella disperazione o scivolare nel fatalismo evocato dal titolo del libro suddetto. È giusto quindi fermarci sulla virtù della speranza. L’ex presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Havel, aveva scritto questa frase: «La speranza non ha niente a che vedere con l’ottimismo... non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà». Questa frase ci conduce su sentieri diversi rispetto al fatalismo. La speranza biblica non ha nulla a che fare con la speranza del mondo, che i greci chiamavano “ultima dea”, l’ultima chance che hai, quando non puoi fare altro che sperare. Per i cristiani non è così: non è l’attendere incerto di qualcosa che può venire, ma può anche non venire. Ti puoi appoggiare totalmente in…
Leggi tutto