Un appello alla pace inascoltato dai potenti

osto pace

L’11 aprile 1963 papa Giovanni XXIII pubblicava l’enciclica Pacem in terris. A sessant’anni da quel testo la causa della pace è ancora attuale e l’appello del Papa rimane, purtroppo, totalmente valido. Nel titolo il Papa parla della «pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà», un orizzonte nel quale sono coinvolte tutte le persone. «L’ordine tra gli esseri umani nella convivenza è di natura morale. Infatti, è un ordine che si fonda sulla verità; che va attuato secondo giustizia; domanda di essere vivificato e integrato dall’amore; esige di essere ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani» (n. 20).

Il percorso del Papa parte dalla necessità di riconoscere i diritti umani fondamentali (cap. 1), per poi analizzare il rapporto tra le persone e gli Stati al servizio del bene comune (cap. 2) e i rapporti tra le comunità politiche, con un appello al disarmo (cap. 3); il livello mondiale delle relazioni con un richiamo al ruolo dell’ONU, (cap. 4) e, infine, dei richiami pastorali (cap. 5) tra i quali spicca l’assoluta novità dell’invito ai cristiani cattolici a collaborare con cristiani non cattolici e anche «con esseri umani non illuminati dalla fede in Gesù Cristo» (n. 82). In questo punto del testo compare la famosa affermazione: «Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante» (n. 82).

Nel 1963 si era svolta solamente la prima sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, nell’autunno del 1962, e, quindi, documenti sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae), sul dialogo ecumenico (Unitatis redintegratio), sul rapporto tra cristiani e altre religioni (Nostra aetate) e sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes) dovevano ancora prendere forma. Le affermazioni di Pacem in terris costituivano una grande novità e un impulso energico a iniziare un modo nuovo per affrontare il problema della guerra, della convivenza umana, della promozione della dignità della persona.

L’apporto dell’enciclica troverà accoglienza nelle indicazioni del Vaticano II e, nello specifico, per quanto riguarda la pace, nel capitolo 5 della costituzione Gaudium et spes (nn. 77-93), La promozione della pace e la comunità delle nazioni. Al cuore dell’enciclica del Papa buono sta la grandezza della persona umana: « In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili.

Che se poi si considera la dignità della persona umana alla luce della rivelazione divina, allora essa apparirà incomparabilmente più grande, poiché gli uomini sono stati redenti dal sangue di Gesù Cristo, e con la grazia sono divenuti figli e amici di Dio e costituiti eredi della gloria eterna» (n. 5). Cosa rimane di questo testo dopo tutti i cambiamenti avvenuti in questi sessant’anni? Sembra che il grande sviluppo tecnologico del quale una parte dell’umanità può godere abbia portato a ulteriori discriminazioni e forme di violazione della dignità delle persone.

L’appello a partire e a tornare sempre alla dignità di ogni persona non è forse il grido accorato che scaturisce da questo testo profetico in un tempo nel quale sono sempre troppe le violenze, le tragedie, le guerre, anche camuffate da motivi pseudo-religiosi?

 

don Giulio Osto

 

papa giovanni xxiii