Sono Raffaella, una ragazza calabrese, da esattamente un anno reduce di un evento che ha cambiato il modo di approcciarmi alla vita. Mia madre, il 28 settembre dello scorso anno, dopo aver subito un intervento renale presso l'azienda ospedaliera di Padova, fu trasferita d'urgenza nel reparto di rianimazione a causa di un batterio resistente andato in circolo nel sangue scompensando la funzionalità degli organi principali. Nell'arco di poche ore si ritrovò a dover combattere tra la vita e la morte. Scrivo questa testimonianza perché durante questo difficile percorso la figura di Sant'Antonio di Padova è stata per me di vitale importanza.
Il giorno dopo l'intervento (il 29 settembre) entrai in terapia intensiva per poterla vedere e mentre ero con lei venni chiamata in disparte da un anestesista. Quest'ultimo mi informò sul fatto che la prognosi di mamma stava notevolmente peggiorando. Mi disse: «La sepsi rappresenta la principale causa di morte. Per salvare tua madre bisogna sperare di riuscire a trovare l'antibiotico sensibile al batterio, altrimenti purtroppo rischia di morire in quanto gli organi principali sono in sofferenza».
All'improvviso sentii una forte pugnalata dritta allo stomaco e ricordo che ebbi appena la forza di pronunciare queste parole:«Dottore, ora devo rientrare nella stanza dove c'è lei, cosa devo dirle? Per favore mi aiuti». Non potevo credere che un batterio maledetto avrebbe potuto portarmela via. Tutte le certezze della mia vita crollarono in pochi secondi. Così feci un sospiro e rientrai in quella stanza sterilizzata che ho tanto temuto e odiato.
Lei mi chiese cosa avesse detto il medico ed io riposi mentendo: «Mamma, il dottore ha detto che le cure procedono bene. Tieni duro perché ti stai riprendendo». È stata la bugia più crudele e al tempo stesso più innocente che abbia mai detto con il solo obiettivo di trasmetterle forza, quella forza che in quel momento solo io potevo darle. Lei sembrava non avere avvertito la gravità della situazione mentre io mi sentivo morire dentro.
Alla fine dell'orario delle visite, la salutai e una volta uscita dalla stanza mi liberai in un pianto disperato. Per prima cosa, priva di forze, mi recai nella Basilica del Santo, che in quei giorni diventò la mia casa. Soltanto lì riuscivo a trovare quel conforto che solo mia madre sarebbe stata in grado di darmi. Ma per la prima volta quel conforto non poteva darmelo, dovevo farcela da sola. Pregai tanto affinché Sant'Antonio intercedesse per noi e così fece, esattamente il 30 settembre. Quel giorno in quella stanza sterilizzata tanto odiata entrò al mio posto mia zia mentre io feci una passeggiata tra gli alberi e le foglie d'autunno dei giardini Treves. Mi fermai in un bar dove mi sedetti e ordinai una crema al caffè. Presi il telefono e feci una ricerca: «Come chiedere una grazia a Sant'Antonio di Padova», seguii le istruzioni attentamente perché prima di allora non mi era mai capitato di richiedere una grazia. Dopo nemmeno mezz'ora ricevetti una chiamata: era mia zia, la quale mi disse «Ra (Raffaella), ho parlato con il medico e mi ha detto che tua mamma dall'apice della tempesta ora è in discesa». Non potevo crederci, mia madre era migliorata e se fino al minuto prima stavo cercando, paradossalmente per quanto possibile fosse, di trovare la forza di reagire a un’eventuale sua perdita, finalmente i medici, dopo aver sperimentato vari antibiotici erano riusciti a trovare quello giusto capace di debellare quel maledetto batterio. A distanza di un anno mia mamma sta bene.
Possa questa mia testimonianza trasmettere forza a chi crede di non farcela. Questa esperienza mi ha insegnato che la fede e la medicina sono i due unici rifugi possibili in grado di dare conforto e speranza. Ringrazio Sant' Antonio di Padova e tutti i meravigliosi medici che le hanno salvato la vita. Durante questo percorso mi sono legata particolarmente a uno di loro, il dottor Paolo B. Lo ringrazio per tutte le volte che mi ha stretto la mano quando temevo di non poter più stringere quella di mamma. Prima di allora credevo non esistessero medici dotati sia di empatia che professionalità, invece mi sono dovuta ricredere perché il destino ha voluto che incontrassi proprio colui che incastra perfettamente queste due doti. Ringrazio di cuore lui e tutti i medici che lavorano nel reparto di urologia e nel reparto di anestesia e rianimazione presso l'ospedale giustinianeo di Padova. Ringrazio anche Sara, una donna dal cuore d'oro, siciliana d'origine ma ormai padovana da diverso tempo. Ci ha ospitate nella sua accogliente casa senza chiedere nulla in cambio, solo il bene profondo. Eternamente grata a tutti voi.
Raffaella (Rocca di Neto, Crotone)
Nella foto in alto: Raffaella assieme alla mamma Maria