“La cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri”. A ribadirlo, sulla scorta della Laudato si’, è stato il Papa, che nell’omelia della messa al Tokyo Dome ha ricordato che “siamo invitati come comunità cristiana a proteggere ogni vita e a testimoniare con sapienza e coraggio uno stile segnato dalla gratuità e dalla compassione, dalla generosità e dall’ascolto semplice, capace di abbracciare e di ricevere la vita così come si presenta con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso”.
“Siamo chiamati ad essere una comunità che sviluppi una pedagogia capace di dare il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, a tutto quello che non è puro né distillato, ma non per questo è meno degno di amore”, ha proseguito Francesco: “Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Qualcuno, per il fatto di essere straniero, di aver sbagliato, di essere malato o in una prigione, non è degno di amore? Così ha fatto Gesù: ha abbracciato il lebbroso, il cieco e il paralitico, ha abbracciato il fariseo e il peccatore.
Ha abbracciato il ladro sulla croce e ha abbracciato e perdonato persino quelli che lo stavano mettendo in croce”. “L’annuncio del Vangelo della Vita ci spinge ed esige da noi, come comunità, che diventiamo un ospedale da campo, preparato per curare le ferite e offrire sempre un cammino di riconciliazione e di perdono”, l’esortazione finale del Papa: “Perché per il cristiano l’unica misura possibile con cui giudicare ogni persona e ogni situazione è quella della compassione del Padre per tutti i suoi figli”.
Al termine della messa, il Papa si è trasferito in auto a Kantei per l’incontro con il Primo ministro.
(Agensir)