Anno 132 - Luglio-Agosto 2020Scopri di più
Splendore di un amore immenso
Don Chino Biscontin
In Galilea, a circa metà strada tra Nazaret e il Lago di Tiberiade, s’innalza una collina dalle forme morbide, ricoperta di vegetazione. È il Monte Tabor. È isolato e perciò dà l’impressione di una certa imponenza, in realtà non raggiunge i 600 metri di altitudine. La tradizione lo indica come il monte sul quale Gesù apparve circonfuso di luce quando era ancora in vita a tre dei suoi discepoli. E sarebbe anche l’altura su cui Egli portò gli apostoli dopo la sua risurrezione, per inviarli ad annunciare il vangelo a tutti i popoli. In realtà, i testi evangelici parlano genericamente di un monte alto. Già in epoca bizantina, tuttavia, sulla sua vetta sorse un santuario, andato in seguito distrutto, poi ricostruito in epoca crociata e di nuovo abbattuto, infine riedificato negli anni venti dai Francescani. La solennità del santuario, l’ampiezza del panorama e l’intensità della luce, che risente anche di riverberi del Mediterraneo, rendono credibile che quello sia il luogo dove Gesù ha manifestato a Pietro, Giacomo e Giovanni la sua bellezza, per prepararli a continuare ad aver fede in lui anche quando proprio loro tre l’avrebbero visto sudare sangue al Getsemani. Per intuire il senso dello splendore di luce…
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