Anno 133 - Giugno 2021Scopri di più
A che serve la preghiera?
a cura della Redazione
A maggio papa Francesco ha invitato i fedeli alla tradizionale preghiera del rosario, e lo ha fatto ideando quella che è stata chiamata la “maratona dei santuari”. Ogni sera cioè, alle 18, sui canali ufficiali della Santa Sede è stato trasmesso il rosario recitato in un diverso santuario mariano allo scopo di innalzare una grande preghiera a Dio in questo periodo di sofferenza e morte. Non è mancato chi, anche all’interno della Chiesa, ha visto l’iniziativa “con imbarazzo” perché sembra quasi che si voglia convincere Dio a intervenire per porre fine al flagello che stiamo vivendo, contravvenendo alla sua bontà, volontà, onnipotenza e onniscienza. Ed effettivamente sorge la domanda: perché Dio non interviene? Ha bisogno davvero di essere invaso dalle nostre preghiere prima di intervenire? Che significato dare a questa iniziativa, ma anche a tante altre simili che sorgono nelle nostre parrocchie?
F.T. (Caserta)
L’imbarazzo è comprensibile, ma ciò che abbiamo vissuto come Chiesa nel mese di maggio è stata, appunto, una maratona di preghiera per chiedere a Dio di ricordarsi di quanto stiamo affrontando con tanta fatica e, in molti casi, con grandissime sofferenze fisiche e spirituali. La preghiera di intercessione non è rivolta a Dio come se fosse cieco e sordo a quello che succede nel mondo.
La preghiera con cui cerchiamo di aprire gli occhi e le orecchie dell’Altissimo in realtà è il primo grande passo per aprire il nostro cuore alla compassione e la nostra intelligenza a tutto quello che possiamo mettere in atto per alleviare il dolore e affrettare la fine della pandemia. Quando il popolo di Israele fa salire il suo grido verso Dio nella disperazione della schiavitù in Egitto, il risultato è la chiamata di Mosè a farsi mediatore di liberazione.
Il fatto di aver pregato ogni giorno in comunione con tanti fratelli e sorelle dispersi nel mondo intero ma accomunati nell’intercessione ha creato sicuramente una percezione più forte di quel senso di solidarietà che è il grande miracolo della preghiera in cui Dio si coinvolge nella misura in cui noi stessi accettiamo di metterci in gioco. Se invece qualcuno si aspettava un miracolo mirabolante, sicuramente è rimasto deluso.
La preghiera non è un modo per convincere Dio a intervenire, ma è il modo per convincere noi stessi a coinvolgerci nella sofferenza fino ad accettare di non essere il centro dell’universo, ma umile parte del mondo e della storia. In questo la preghiera è una medicina che illumina la mente, scalda il cuore e ispira gesti concreti di carità. A partire da queste tre cose l’impossibile può diventare possibile.