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... agli uomini, amati dal Signore

Don Livio Tonello, direttore

Nella stesura del nuovo Messale in lingua italiana sono state apportate alcune modifiche nelle parti recitate e cantate dall’assemblea. Una di queste la si trova nell’Inno del Gloria nei riti iniziali della Messa. Al posto di “e pace in terra agli uomini di buona volontà”, troviamo ora “... agli uomini, amati dal Signore”. Una differenza che non passa inosservata e che non è solo questione di stile. Letta nella luce del Natale ci ricorda il motivo della venuta di Dio nel mondo.

Nel suo infinito amore il Padre invia il Figlio e lo dona all’umanità. E lo dona a tutti: buoni e cattivi. Non solo a coloro che dimostrano “buona volontà”, retta intenzione, desiderio di bene. Ma a tutti tutti! Perché tutti sono amati dal Signore, santi e peccatori, retti e malvagi. È questo ancora una volta il messaggio sconvolgente dell’evento dell’incarnazione. Una verità che ci disturba, ci inquieta, forse ci fa anche arrabbiare perché Dio sembra essere troppo buono.

Qualcuno ha visto nella pandemia un castigo dell’Onnipotente. Papa Francesco nella sua ultima enciclica, Fratelli tutti, al n. 34, dice che «non si tratta di una sorta di castigo divino», ma è «la realtà stessa che geme e si ribella». Come potrebbe Dio venire meno al suo amore per le sue creature? Piuttosto c’è un legame profondo che unisce le persone all’ambiente che sollecita relazionalità responsabile. Dio ama incondizionatamente ogni cosa e le rende artefici del suo progetto creativo.

Dio non fa distinzioni di merito, ma solo di grazia, concedendone eventualmente a chi è più svantaggiato e lo sente lontano. «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18,13). Così icasticamente si esprime il libro sapienziale del Siracide e dentro a “ogni essere vivente” ci sta l’uomo perbene e il disumano, l’animale feroce e quello mite, il virus stesso.

Quanta strada dobbiamo ancora percorrere in questo senso per non escludere, ghettizzare, etichettare e quindi emarginare. «Il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace», ci ammonisce papa Francesco (Fratelli tutti n. 74). Il Natale ci riporta a questi pensieri e ce li conferma. Quale mistero più inequivocabile di quello di Betlemme? Il figlio di Dio non è nato nella capitale, a Gerusalemme, non ha emesso il primo vagito in un palazzo, non ha scelto il tempio per essere adorato.

La misera povertà di un ambiente periferico è diventata il simbolo di una scelta di campo precisa. «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità» ci ricorda S. Giovanni Crisostomo nei suoi scritti. Qui c’è Dio, anche nel nostro odierno Natale molto diverso dagli ultimi anni.

Sperimentando una fragilità inedita ci accingiamo a lasciarci amare da colui che ama tutti. Ma di quell’amore possiamo fare tesoro solo accogliendolo. È il nostro apporto che va dato se vogliamo che il suo amore ci raggiunga e ci riscaldi. Buon Natale fratelli e sorelle in Cristo.