Anno 136 - Aprile 2024Scopri di più
Al suono della campana
Elide Siviero
A Pasqua abbiamo sentito sciogliere le campane e il loro suono è rimbalzato di chiesa in chiesa, ad annunciare la vita che ha vinto il silenzio della morte. Il loro rintocco ci accompagna e ogni Domenica ci chiama alla celebrazione del giorno del Signore. Tempo fa ho conosciuto don Davide Zanoni, un prete campanologo! Ignoravo l’esistenza di questa figura, ma soprattutto ho scoperto un mondo che sottovalutavo. Ho appreso da lui molte informazioni. Ad esempio, ora so che nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna è custodita la campana più grande d’Austria, che è stata fusa per la prima volta nel 1711 come ringraziamento per la scampata invasione dei Turchi, nella battaglia avvenuta nel 1683.
Per l’occasione venne realizzata una campana dal peso di 18 tonnellate, composta con i cannoni catturati all’esercito turco. Per essere suonata richiedeva numerosi uomini e per questo veniva usata raramente. Purtroppo, a causa di un incendio, nel 1945 questa campana precipitando andò in frantumi; ma nel 1951 fu ricomposta nuovamente usando il materiale di quella rotta e aggiungendo il bronzo dei cannoni, prelevati al museo storico, sempre appartenuti all’esercito turco. Questa nuova campana venne realizzata grazie al contributo di tutti gli stati federati d’Austria, pesa 20 tonnellate e viene suonata nelle solennità dell’Anno liturgico, ma anche il Mercoledì delle ceneri, dando inizio con i suoi rintocchi a un nuovo cammino quaresimale.
Durante la Prima Guerra Mondiale l’impero austriaco e quello tedesco, trovandosi a corto di materiale per realizzare i cannoni, scelsero di requisire le campane delle chiese ed è per questo che zone come il Trentino Alto Adige, buona parte dell’Austria e della Germania hanno visto i campanili privati di numerose campane: questo fatto ha colpito anche la cattedrale di Trento. Per questo nel 1918, alla fine della guerra, ci si chiese come ripristinare le campane perdute, demolite e trasformate in cannoni.
La città di Mantova organizzò una poderosa raccolta fondi per restituire alla cattedrale di Trento sei nuove campane, fuse nel 1920 probabilmente anche queste con i cannoni: è bello pensare che quelle campane, trasformate in apparecchi di morte, ritornarono a essere strumenti che annunciano la risurrezione, le celebrazioni e gli eventi lieti e tristi della vita umana. Ma la notizia che più mi ha colpito riguarda una fonderia di Innsbruck, una tra le più grandi e prestigiose d’Europa, attiva dal 1599. Qui, per tradizione, la fusione delle campane avviene rigorosamente di venerdì alle ore 15, proprio in stretto legame con la morte del Signore.
I proprietari affermano che, come Gesù Cristo è morto ed è sceso negli inferi della terra per poi risorgere, così il metallo liquido, il bronzo che è lucente, scende nella cavità oscura e tenebrosa dello stampo e risorge come campana. È una tradizione molto sentita e vissuta con fede. Quando avviene la fusione, si invita la parrocchia a cui è destinata la campana e il prete a invocare la benedizione del Signore sul metallo fuso; quindi il titolare chiede ai presenti di dire la Preghiera del Signore nella propria lingua. Nell’istante prima di versare il metallo egli è solito dichiarare: «In nome di Dio». Poi in rigoroso silenzio avviene la colata: un passaggio molto delicato, perché se fatta in maniera scorretta, può compromettere mesi di lavoro.
Il mondo delle campane è davvero ricco di simboli. Riecheggiano le parole di Isaia: «Forgeranno le loro spade in vomeri» (Is 2,4). Noi potremmo dire: fonderanno i loro cannoni e ne faranno campane per annunciare il grido della pace.