Anno 137 - Gennaio 2025Scopri di più
Avvolti dall’olio della misericordia
suor Mary Melone
L’Anno Santo è iniziato con un invito accorato a farsi pellegrini di speranza, cioè a mettere al centro dell’esistenza cristiana Cristo Signore, speranza che non delude. Proprio questo invito alla speranza fa risaltare il giubileo come un tempo privilegiato in cui siamo chiamati a sperimentare la misericordia di Dio. Come è noto, la prima celebrazione del giubileo è successiva all’epoca di Antonio di Padova, e perciò estranea ai suoi scritti; tuttavia, l’appello ad accogliere la misericordia di Dio costituisce un tema costante della sua predicazione, che attraversa l’intera raccolta dei Sermoni con diverse tonalità: egli ne considera l’origine divina nell’amore del Padre, la vede realizzata nella redenzione di Cristo, la ritiene necessaria per il vissuto del cristiano, la riconosce evocata dalla Scrittura attraverso molteplici immagini.
Antonio cerca anzitutto di spiegare il significato letterale del termine, fedele all’intenzione di suscitare l’interesse degli eventuali ascoltatori proprio attraverso le etimologie, più o meno fondate, che gli consentono di ricavare significati importanti per la vita cristiana. Nel caso del termine misericordia sono fondamentalmente tre le spiegazioni proposte. In primo luogo, Antonio ricollega il termine misericordia al greco eleos, che letteralmente significa pietà, ma che gli ricorda la parola latina olea, olivo: «“E da Betfage Gesù si recò al monte degli Ulivi, cioè della misericordia”. Èleos (termine greco che assomiglia al latino òlea, olivo) s’interpreta “misericordia”. Il monte degli Ulivi sta a indicare la grandezza dei miracoli che operò Gesù, misericordioso e benigno» (Sermone per la Dom. delle Palme, 3).
L’accostamento della misericordia all’olivo dà ragione dell’espressione «l’olio della misericordia» che si ritrova con frequenza nei Sermoni: si tratta di un’immagine particolarmente efficace per far risaltare il perdono che Dio concede all’uomo nella grandezza della sua misericordia, ma ancor di più per suggerire che Egli lo conforta con la sua misericordia come con un balsamo che reca sollievo, che guarisce le ferite, che apre alla speranza. È interessante, da questo punto di vista, la differenza che Antonio rileva tra la misericordia di Dio e quella dell’uomo. Mentre in Dio, infatti, la misericordia esprime la sua potente azione di salvezza, che Antonio riassume nel termine miseratio, in noi invece la misericordia nasce solo da un sentimento di profonda solidarietà con l’altro, che ci aiuta a condividere la sofferenza e la misera condizione in cui i nostri fratelli si trovano nella consapevolezza che la loro fragilità e la loro miseria è anche la nostra.
È in questo contesto che compare (Sermone per la Dom. IV dopo Pentecoste, 3) una seconda spiegazione del termine: «È detto misericordioso chi soffre partecipando alla miseria degli altri. Questa compassione è chiamata misericordia, perché rende il “cuore misero” (lat. misericordia, miserum cor), soffrendo per l’altrui miseria. In Dio invece la misericordia è senza la miseria del cuore. Infatti, la misericordia di Dio è detta miserazione, in lat. miseratio, come volesse dire “azione di misericordia” (lat. misericordiæ actio)».
Riferita all’uomo, quindi, la misericordia richiama l’atteggiamento di comprensione e di aiuto che egli deve nutrire verso il suo prossimo, soprattutto se debole e bisognoso. Ecco allora (Sermone per l’Inizio del digiuno, 6) la terza spiegazione: «Misericordia significa “che irrìga il cuore misero”. L’uomo irrìga l’orto per ricavarne i frutti. Irrìga anche tu il cuore del povero miserabile con l’elemosina, che è detta l’acqua di Dio, per riceverne il frutto nella vita eterna». Alla scuola di Antonio, allora, possiamo riconoscere che celebrare il giubileo è anzitutto lasciarsi avvolgere dall’olio della misericordia di Dio e sentirsi profondamente partecipi delle sofferenze dell’altro!