Anno 136 - Luglio-Agosto 2024Scopri di più

Italiano LUG-AGO 2024_sant antonio
Aderisci all'Associazione

Bella la discesa. Ma anche il rallentare

Gabriele Pedrina

Vi siete accorti che è passato il solstizio d’estate, il giorno in cui il sole se ne sta là e pare non abbia più voglia di andarsene a dormire? Il segnale, alquanto impercettibile in questi giorni di luglio, è che le giornate si stanno accorciando. «Ma come? - direte voi - Sono appena iniziate le vacanze e se ne va già via la luce?». Vero, ragazzi, l’ho sempre pensato anch’io, anche se, a essere sinceri, tra luglio e agosto le giornate sono lunghe che basta per fare un sacco di cose, e anche quando viene sera non è certo il buio a fermarvi. Per cui non pensiamoci, almeno finché non finisce l’estate e riprende il solito tram tram di scuola, lavoro, allenamenti e quant’altro. Ma come vi dicevo a dicembre, se in qualche modo ci rivitalizza il sapere che dal 21 il sole inizia, nonostante il buio e il freddo, ad allungare la sua compagnia, anche il pensiero contrario di questi giorni ha i suoi effetti... che non per forza ci devono intristire.

Andando con la mia mountain bike il momento più atteso è la discesa. C’è indubbiamente tanta adrenalina quando senti la bici che dà il massimo per adattarsi ai sentieri, con tutti i loro sassi e radici, e quanto più ti fidi di lei tanto meno ti prende l’ansia di frenare e vai incontro a quello che arriva con il cuore a mille. E qui c’è la grande differenza: se conosci il sentiero oppure no, se sai cosa ti aspetta dietro la curva o se è tutta una novità, se sai che ce la puoi fare oppure è un po’ tutta una sfida.

Dirti: «Ma dai! Cosa vuoi che ci sia?» viene facile perché l’energia che senti dentro è veramente tanta; però lo sai che non può essere tutto come vuoi tu e che nel destino di chi esplora, di chi affronta mondi nuovi c’è il ritrovarsi con la strada sbarrata, l’intoppo, il fermarsi per prendere le misure e capire se di là ce la si fa o è meglio cercare un’altra via. È frustrante, lo so. Si vorrebbe che la giostra non finisse mai, che la discesa fosse infinita e la si potesse correre tutta come se la vita avesse soggezione di noi e ci evitasse sorprese. O, meglio ancora, vorremmo che la vita fosse come la bicicletta che ci fa correre giù per un pendio quasi fossimo più veloci di uno stambecco, quando in realtà, di nostro, siamo più lenti di una marmotta.

Già, la verità è che non siamo onnipotenti e, soprattutto, non possiamo prevedere ogni cosa, come se il mondo là fuori corrispondesse esattamente a quello che è nella nostra testa. Questo non vuol dire vivere da fifoni, non provarci mai perché non si sa cosa può accadere, pensando che ogni caduta sia letale o che quello che sono, quello che so fare oggi è già il mio massimo. Insomma ragazzi, così sarebbe un insulto al fatto stesso di essere dei giovani. Ma considerato che, più probabilmente, siete tra quelli che osano, penso che per voi, questo giochetto della luce che piano piano s’accorcia sia un modo gentile per dirvi: «Vai pure, ma ricordati che viene il tempo in cui rallentare perché non sarà sempre così, perché servono anche giornate più lente e riflessive per riprendere in mano la strada che hai fatto, per dove sei passato, gli errori commessi e le conquiste ottenute, e poter valutare così da che parte andare».

Non lo dice con cattiveria, o come fosse un rimprovero perché ci sentiamo vivi mentre corriamo, quasi volessimo approfittarci di ciò che non è nostro. Anzi, non lo dice proprio: lo fa. Senza strattonare, ma con fermezza, leale e affidabile, perché quello della quiete, del rallentare e pensarci su, è un tempo - non una condizione - per vivere quell’altro tempo, quello dell’andare, al meglio della nostra saggezza ed energia.