Anno 133 - Maggio 2021Scopri di più
Cambiamento: parte della vita
Alessandra Castelliti
In questo momento delicato e di grande fatica desidero approfondire alcuni passaggi della cultura giapponese noti per l’approccio alla vita autentico e profondo, dalle semplici attività quotidiane alle antiche tradizioni: un modo di vivere che ci mostra che è possibile trovare nelle cose di tutti i giorni un momento di quiete e consapevolezza per gustare il presente. Jo Peters, un’attivista e sostenitrice della vita vissuta con semplicità, nel suo libro “L’arte Giapponese di vivere bene e a lungo” attraversa alcuni passaggi che ho ritenuto poter essere di grande utilità per il benessere e per vivere con maggiore qualità.
Un punto illuminante è il concetto del Kintsugi che significa “riparare con l’oro”; in Giappone è l’arte di riparare il vasellame rotto con lacca dorata, una pratica che trova la sua origine nell’idea che l’oggetto sia più bello e prezioso quando viene riparato dopo essersi rotto. Nel Kintsugi la riparazione è in realtà un atto di rinascita, trasformando ciò che aveva perso vita e che era destinato alla spazzatura a divenire un oggetto unico, prezioso, insostituibile, ricco del suo passato.
Il concetto del Kintsugi riguarda principalmente la riparazione di vasi in ceramica, ma la filosofia alla sua origine cela consigli di riflessione utili per migliorare la nostra vita. Noi esseri umani possiamo riparare le nostre ferite interiori con l’amore e la comprensione, accogliere le nostre debolezze e le nostre fratture emotive per diventare più forti e più sani di prima. Nessuno di noi con i propri punti di forza e i propri punti deboli è uguale a un’altra persona: ciascuno è unico e insostituibile.
Questa meravigliosa consapevolezza non è sempre facile da accettare, ma è sicuramente una possibile via per trovare un po’ di pace interiore. Il confronto con gli altri limita e distrugge. La gentilezza nei nostri confronti nutre. Il Kintsugi ci ricorda l’importanza di amare noi stessi. Una tazza rotta non può ripararsi da sola, richiede amore, attenzione, cura e dedizione per avere la possibilità di ritornare in vita, integra.
Questo processo di trasformazione è una grande speranza, vale non solo per il vaso crepato, ma soprattutto per noi esseri viventi. Nei periodi difficili sono l’affetto e la gentilezza che danno l’occasione a noi e a chi ci circonda di rimetterci in piedi. L’amore, la comprensione e la gentilezza sono ingredienti che fortificano tutti nelle avversità. Quando ci sentiamo fragili e a pezzi spesso pensiamo di non valere abbastanza, di non meritare considerazione da parte degli altri e ci lasciamo andare proprio come la tazza di ceramica rotta.
L’ostinazione nei confronti del cambiamento si differenzia molto dalla tenacia. Chi è tenace resta fedele alla propria natura, ma sa adattarsi alle trasformazioni; chi è ostinato invece ripete all’infinito ciò che ha imparato rimanendo intrappolato a volte in errori che aumentano la sofferenza creando frustrazione. La frustrazione è uno stato scomodo, pesante che ognuno di noi conosce in più situazioni e che tende ad allontanare in mille modi, ma se la frustrazione non viene accolta e trasformata come possibilità e nuova occasione sarà sempre motivo di inquietudine e tristezza. La resilienza – che consiste nella capacità di esser flessibili, resistenti e mantenere la calma di fronte alla difficoltà – è il filo necessario per cucire ogni ferita.
Vi porto l’esperienza di Marco, uomo di grande successo, che dopo la pensione ha visto il suo “vaso” sgretolarsi. Prima era al centro dell’attenzione dei colleghi, il suo ruolo lo teneva sempre molto vivo e tutto ciò era per lui gratificante. Una volta concluso l’incarico ha sentito un peso grigio depositarsi nella sua vita, tutto era diventato triste e Marco non percepiva più quello slancio vitale a prendersi cura di sé; per troppi anni aveva concentrato tutto solo sul lavoro, fino al giorno in cui ha incontrato un grande amico: se stesso!
In quello spazio d’incontro Marco ha iniziato a prendere tutti i pezzi della sua vita e con il filo d’oro ha ripercorso le ferite e le cose belle, i vuoti e le sue passioni. Quante gallerie ha incontrato in quel viaggio, ma con la torcia della pazienza ha iniziato a ricreare il “nuovo vaso”: un vaso con sfumature nuove dorate e molto più luminose di prima, dove la luce non arrivava dall’esterno, ma dall’interno, dal cuore. «Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei».
Con questa affermazione Paulo Coelho ci invita, nonostante le sofferenze della vita, a rimanere saldi. Con l’augurio di trovare la forza dentro di noi per rendere bello e luminoso il vaso della nostra vita. Buon cammino!