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Camminare insieme fino al perdono

suor Marzia Ceschia

È una martire dei nostri tempi suor Maria Laura Mainetti, beatificata a Chiavenna, nella diocesi di Como, il 6 giugno 2021, essendo stato riconosciuto nel suo caso il martirio in odium fidei. La sua vicenda è legata a un fatto di cronaca che inorridì l’opinione pubblica: la religiosa, dell’istituto delle Figlie della Croce, fu infatti uccisa a 61 anni, il 6 giugno del 2000 da tre ragazze minorenni, tra i sedici e i diciassette anni. Le giovani l’avevano tratta in inganno, con il pretesto del bisogno di aiuto di una di loro, per compiere su suor Maria Laura un rituale satanico.

Furono le stesse ragazze al processo ad attestare la preghiera e l’intercessione della religiosa durante il massacro perché fossero perdonate da Dio. Suor Maria Laura, al secolo Teresina Elsa Mainetti, era nata a Colico in provincia di Lecco il 20 agosto 1939, in una famiglia umile e modesta. Era l’ultima di dieci fratelli ed era rimasta orfana di madre a pochi giorni dalla nascita. Questo fatto l’aveva resa sensibile soprattutto nei confronti dei più piccoli e dei più deboli. Aveva intrapreso il cammino formativo tra le Figlie della Croce a Roma nel 1957.

Particolarmente attenta e appassionata ai giovani, aveva svolto per anni servizi educativi, impegnata come insegnante a Vasto, Roma, Parma, Chiavenna dove le era stato chiesto di essere la responsabile della sua comunità. Il Decreto del martirio riporta una sua espressione in cui, in poche parole, è condensata la profondità della sua spiritualità: «Figlia della Croce vuol dire che la Croce è mia Madre. Sono sposa, figlia e sorella di Gesù, non crocifisso e morto, ma vivo, risorto, che mi vede, mi sente mi vuole bene anche se non lo vedo con questi occhi».

Donna dalla fede intensa e ricca in umanità, aveva un rapporto speciale con l’Eucaristia dalla quale traeva le ragioni del suo operare, della sua generosità, della carità che la faceva essere punto di riferimento soprattutto per quanti avevano bisogno di essere ascoltati e consolati nelle loro sofferenze. Possiamo senza dubbio affermare che il contatto costante con il Signore ha plasmato in lei una mentalità evangelica che nel perdono trova la sua più alta concretizzazione. Lasciarsi formare una mentalità: ecco un monito per noi!

Permettere che la Parola ci plasmi, scavi in noi, susciti un altro modo di pensare che può trasfigurare in bene anche i drammi peggiori. Lasciarsi introdurre giorno per giorno nei pensieri e nei sentimenti di Cristo: nel celebre inno ai Filippesi (Fil 2,5-11) a questo siamo sollecitati, guardando al modello che è Gesù, il quale ha attraversato disarmato il male, è disceso fino alla morte di Croce, fino a quello che umanamente sembrava il punto di non ritorno e il Padre lo ha esaltato. Assumere il suo stile ci apre alla possibilità di restare liberi nella misura in cui rifiutiamo di farci giustizia avvalendoci di una logica di violenza e di potere. Tale è la grandezza dei martiri: la tenacia nel vincere il male con il bene (cf. Rm 1,21). È un morire che dà frutto!

Le tre ragazze che hanno assassinato suor Maria Laura hanno ormai scontato la loro pena, si sono trasferite lontano da Chiavenna, hanno ricominciato a vivere. Certamente suor Maria Laura ha continuato a intercedere per loro e anche queste tre giovani sono tra quelli che la religiosa ha aiutato, tra quelli per i quali ha pregato e sperato. La consapevolezza che in una vita di silenziosa e ordinaria dedizione aveva maturato in sé possiamo pensare che sia il dono chiesto anche per le sue tre assassine: «La certezza di una presenza, quella di Cristo risorto che, incarnata nella mia storia quotidiana, mi ama, mi perdona, mi rinnova e non mi abbandona mai».