Anno 133 - Settembre 2021Scopri di più
Dalla terra conduce al Cielo
suor Marzia Ceschia
"Nel legno della croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché da dove sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero dell’Eden traeva la vittoria, dall’albero della croce venisse sconfitto, per Cristo Signore nostro»: le parole del Prefazio per la festa dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) ci offrono alcuni elementi significativi per entrare nel senso profondo di quanto la Chiesa intende celebrare.
Anzitutto “esaltiamo” la Croce in quanto luogo di salvezza, luogo di rovesciamento della morte in vita: dove trae le sue ragioni questa sorprendente e misteriosa risignificazione di un patibolo infame? Dall’atteggiamento di Gesù sulla Croce: egli è colui del quale è detto «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17).
Gesù, ingiustamente inchiodato sul legno, spezza la logica della vendetta, della rivendicazione, non affronta il male con altrettanto male, ma svuota il male del suo potere disgregatore amando sino alla fine. Esaltare la Croce significa dunque celebrare la comunione di Cristo col Padre, col suo progetto di redenzione dell’uomo, in una fedeltà totale, piena all’amore, sino a dare la propria vita perché in nulla l’amore venga contraddetto.
In questa logica hanno consegnato se stessi i martiri, in questa logica ogni cristiano è chiamato a non cedere alle suggestioni di «chi dall’albero dell’Eden traeva la vittoria», alla tentazione di vincere mediante la sopraffazione, la competizione, lo scontro di poteri, l’inganno. Si tratta di una prospettiva apparentemente debole, perdente, ma il Signore Gesù è così che attira tutti a sé, è così che è “innalzato” (cf. Gv 12,32), è così che vince tutto ciò che uccide l’uomo per offrirgli una garanzia di Vita e Gioia senza fine.
Risuonano in questo contesto con particolare intensità le parole della santa monaca carmelitana e martire Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), uccisa ad Auschwitz il 2 agosto 1942: «Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di croce. Egli venne nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre. [...] Il Crocifisso ci fissa e ci chiede se siamo ancora decise a mantenere fede a ciò che gli abbiamo promesso in un’ora di grazia. E non ci interroga senza motivo.
Oggi più che mai, la Croce è diventata segno di contraddizione. I seguaci dell’anticristo la offendono più gravemente di quanto non abbiano fatto i Persiani quando la rubarono. Oltraggiando il Crocifisso, fanno tutti gli sforzi per strappare la Croce dal cuore dei cristiani e troppo spesso riescono nel loro intento... Il mondo è in fiamme: l’incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa, ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata. La Croce è la via che dalla terra conduce al Cielo.
Chi l’abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino nel seno della Trinità». Come dare concretezza oggi a queste parole, che senso ha – in ultima istanza – oggi questa festa? Che cosa significa portare la Croce nel cuore? Significa adottare una peculiare chiave di lettura del mondo, delle nostre storie personali, delle storie delle nostre comunità, dell’umanità intera. Significa scegliere con coraggio e radicalità di non assecondare in alcun modo la spirale del male, ma mettere in atto pratiche opposte, che lo neutralizzino.
In quanti ambiti della nostra esistenza concreta siamo provocati in questo? Significa tutelare a ogni costo ciò che alimenta vita, ciò che custodisce la vita. Significa avere l’audacia della gratuità, della giustizia così come Gesù ce l’ha mostrata, riferendosi alla misericordia del Padre e all’azione dello Spirito che riconcilia. Portare la Croce nel cuore è restare saldi nell’amore e nella determinazione ad amare.
Perché Cristo sia esaltato in noi. «Questo è il percorso della storia dell’uomo: un cammino per trovare Gesù Cristo Redentore, che dà la sua vita per amore», afferma Papa Francesco. «Questo albero della Croce ci salva, tutti noi, dalle conseguenze di quell’altro albero, dove è incominciato l’autosufficienza, l’orgoglio, la superbia di voler conoscere – noi – tutto, secondo la nostra mentalità, secondo i nostri criteri, anche secondo quella presunzione di essere e di diventare gli unici giudici del mondo. Questa è la storia dell’uomo: da un albero all’altro».