Anno 132 - Aprile 2020Scopri di più
Fidanzamento: tempo di ricerca e di grazia
mons. Giampaolo Dianin, vescovo
Non possiamo rinunciare a quel tempo prezioso della storia di un amore che è il fidanzamento. Anche se oggi molti imboccano la via della convivenza, crediamo che le potenzialità di questa stagione, che non anticipa una vita già in qualche modo sponsale, siano tante. Abbiamo parlato, nel contributo per il mese di marzo, del fidanzamento come tempo di stupore e di conoscenza. Ora vediamo altri due aspetti essenziali che sono il discernimento e la ricerca.
Il fidanzamento non è solo un dono che lascia stupiti i due giovani che lo vivono e le persone che li guardano, e non è nemmeno solo un cammino serio di conoscenza reciproca e sempre più profonda. È anche e soprattutto un tempo di ricerca, la stagione del discernimento vocazionale per capire quello che il Signore vuole dai due e per loro due. È una ricerca fatta insieme che ha come condizione quella fiducia reciproca che lo stesso termine fidanzamento richiama.
Un discernimento fatto con coraggio, nella disponibilità a scendere in profondità, cercando di esporsi all’altro e chiedendo che lui faccia lo stesso. Potrebbe diventare utile e importante anche un aiuto esterno fatto di percorsi formativi o dalla presenza di una guida. La ricerca chiede la virtù della pazienza, che possiamo definire come la capacità di coniugare i valori col tempo, senza pretendere tutto e subito. Il discernimento chiede tempo e chiede che questo tempo sia valorizzato, vissuto, verificato, celebrato.
Atteggiamenti da curare sono l’accoglienza, come capacità di far posto all’altro; il dialogo e la comunicazione, come strade privilegiate per il confronto. Non è solo questione di parlare, cosa che a due innamorati certo non manca, ma di comunicare in profondità mettendo in gioco l’intelligenza, la volontà, l’affetto e anche contenuti seri, compresi quelli scomodi e difficili da affrontare. La ricerca chiede anche un linguaggio adatto. Perché ci sia una vera ricerca c’è bisogno di una certa distanza e libertà tra i due, quella libertà che permette di cercare sul serio ed eventualmente anche di tirarsi indietro. Distanza significa rispettare i confini dell’altro; l’amore vero li riconosce sempre, mentre l’innamoramento, per sua natura, li elimina.
Qualche banale esempio: se due fidanzati comprano già un appartamento insieme, se già si crea un rapporto strettissimo tra le due rispettive famiglie, si possono creare dei condizionamenti che non aiutano la ricerca, ma ne anticipano in modo imprudente l’esito, con la fatica di tirarsi indietro qualora il discernimento conduca per una strada diversa. Possiamo parlare di una ricerca che riguarda anche la vita cristiana. Ci sono delle domande che ogni educatore potrebbe porre ai fidanzati, soprattutto a quelli che sono credenti: «Cosa significa essere cristiano ora che amo te?»; «Cosa cambia nel nostro fidanzamento per il fatto che sono un credente?». Rispondere a queste domande è un gesto di onestà: in quel progetto e in quelle scelte che i due stanno facendo che posto avranno la fede e la vita cristiana? Se si sposeranno nel Signore, chiederanno che Dio sia protagonista nella loro esperienza di amore.
La ricerca diventa allora un mettersi alla scuola del Signore e del suo modo di amare. Il fidanzamento diventa così un tempo di grazia, occasione unica per conoscere e riscoprire Dio. Una scoperta che va fatta insieme e che porta i fidanzati a mettersi in ascolto della sua parola che li guida, li giudica, li illumina. È tempo per iniziare a pregare insieme, per invocare l’aiuto e il sostegno di Dio. Anche quando il partner non condivide la stessa esperienza di fede non vanno eluse queste domande perché la ricerca riguarda anche questa dimensione importante della vita. Il rispetto reciproco, che riguarda anche la fede o la non fede del partner, non vuol dire che di questo tema non si debba parlare.
Non credere nel Dio di Gesù Cristo non significa non avere una spiritualità fatta di valori e ideali. Il confronto può essere arricchente e l’occasione perché ciascuno renda ragione della propria fede e anche verifichi le ragioni della propria lontananza da Dio e dalla Chiesa. La ricerca e il discernimento sono un itinerario difficile. In termini cristiani possiamo riconoscere la logica della Pasqua. Il culmine dell’amore di Cristo è la morte, il gesto della sua estrema fedeltà a quel Regno che aveva annunciato dappertutto e a tutti. Aveva detto: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici» (Gv 15,13) e ora lo vive in prima persona. L’amore è gioia, entusiasmo, estasi, ma anche sacrificio, rinuncia, fatica, pazienza.
Morte e risurrezione sono la logica di ogni giorno, soprattutto quando il dialogo è difficile, quando non ci si capisce, quando dopo anni di ricerca si deve riconoscere che questa storia deve interrompersi, o uno dei due lo decide. Ma è anche morte e risurrezione quando entrano l’egoismo, la voglia di usare l’altro, la pretesa di farlo a propria immagine, il voler tutto e subito. L’amore è paziente, benevolo, non è orgoglioso, non manca di rispetto, si rallegra e cerca sempre la verità. L’amore tutto scusa, crede, spera, sopporta (1Cor 13,4-7).