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S. Antonio Italiano MAGGIO 2024_01
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“Fiorire”, una virtù primaverile

suor Anna Maria Borghi

La primavera non si smentisce mai per la bellezza e il profumo dei fiori, doni graziosi “preparati” dalla terra accogliente della consegna del seme durante il lungo inverno! Chi l’avrebbe mai detto che da quel silenzioso lavorio nascosto potesse germinare tanto splendore e delicata fragranza?! Forse potremmo disporci a imparare proprio dalla natura la “virtù primaverile” del generoso fiorire. Ci aiuta lo stesso Antonio con un’immagine che, nei suoi Sermoni, descrive i credenti: «essi sono detti gigli del campo, non del deserto, e non del giardino. […] Fioriscono nel deserto gli eremiti, che si mettono al riparo dall’umana compagnia.

Fioriscono nel giardino recintato i claustrali, che sono tutelati dalla vigilanza umana. Ma è molto più eroico che i penitenti riescano a fiorire nel campo, cioè nel mondo, dove tanto facilmente si distrugge la duplice grazia del fiore, vale a dire la bellezza della vita santa e il profumo della buona fama. Per questo Cristo stesso si gloria di essere un fiore del campo, quando dice nel Cantico dei Cantici: “Io sono il fiore del campo” (Ct 2,1). Così anche la beata vergine Maria, sua madre, può gloriarsi, perché nel mondo non ha perduto il fiore, pur non essendo né reclusa né monaca». Sembrano fare eco a queste, le parole di papa Francesco che nell’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate afferma. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante.

Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”» (GE 7). Insomma per entrambi è chiaro che non sono le circostanze della vita a disporla a una qualità più o meno credente, più o meno santa: ciascuno è chiamato a fiorire lì dov’è… proprio come il seme che non sceglie in quale terreno cadere, ma che lì dove è gettato pianta radici e (ri)sorge, spandendo profumo! A volte rimaniamo decisamente sorpresi di vederli spuntare tra le crepe di un muretto o addirittura nei minuscoli interstizi dei marciapiedi, sfidando cemento e asfalto pur di venire alla luce!

Così dove sono e come possono si offrono nella loro lieta bellezza, nella loro disarmante naturalezza, esattamente come ancora ci suggerisce sant’Antonio: «nell’essere chiamati “gigli del campo“, è indicata la perfezione della carità, in quanto i gigli sono alla portata di chiunque li voglia cogliere. “Da’ a chiunque ti chiede“ (Lc 6,30), dice il Signore; offri la tua buona volontà, se non hai la possibilità; e se le dai entrambe, molto meglio». Dalla primavera allora possiamo imparare la virtù del fiorire lì dove siamo “gettati”, possiamo disporci con creatività a cominciare da quella terra che ci ha accolti a mettere radici di generosità per diffondere il profumo della santità “della classe media”, senza glorie e né altari, eppure così necessaria per riconoscere la potenzialità infinita di bellezza iscritta in ogni esistenza umana.

Perché è proprio per questo che siamo stati chiamati alla vita: con la medesima naturalezza del fiore che sente l’appello a fiorire dalla primavera, anche ognuno di noi possa dischiudersi a offrire la fragranza di Colui che veste i gigli dei campi della gloria del Figlio, incomparabile per lo stesso Salomone!