Anno 137 - Febbraio 2025Scopri di più
Guarisce ogni ferita
suor Mary Melone
Tra le diverse finalità che spinsero Antonio di Padova a comporre la sua ponderosa raccolta di Sermoni vi è anche il desiderio di offrire ai giovani frati francescani, che si preparavano alla predicazione, un testo su cui formarsi e a cui attingere suggerimenti, idee e temi. I francescani, infatti, attribuivano grande importanza alla predicazione, non solo per seguire le orme di Francesco di Assisi, ma anche per corrispondere alla preoccupazione della Chiesa, che sentiva l’urgenza di prendersi cura della formazione dei fedeli, spesso lasciati nell’ignoranza della Parola di Dio.
Questa finalità formativa aiuta a capire perché i testi scritti da sant’Antonio sono ricchi di immagini che si imprimono più facilmente nella mente dell’ascoltatore, aiutandolo a penetrare in profondità l’insegnamento della Scrittura. Anche riguardo alla misericordia sono molte le immagini a cui egli ricorre, a seconda del brano biblico che sta commentando. Tra queste immagini è ricorrente quella del balsamo, legata proprio alla figura del predicatore. Questi, infatti, è chiamato a invitare i fedeli alla conversione, riconoscendo i propri peccati con umiltà dinanzi a Dio.
Ma questa esortazione deve essere mitigata sempre dalla certezza della misericordia di Dio, il balsamo che guarisce da ogni ferita: «Lo speziale, cioè il predicatore, deve pestare nel mortaio, cioè nel cuore del peccatore, le spezie, che sono le virtù; deve agire con il pestello della predicazione e mescolare il balsamo grezzo alla misericordia divina, perché abbia un gusto più gradito all’anima del penitente» (Sermone per la Pasqua (I), 1). Il personaggio biblico che viene spesso preso ad esempio per il predicatore è Davide, perché il suo trono regale richiama la cattedra, simbolo dell’insegnamento che è proprio del predicatore.
Per esempio, in un testo in cui commenta un versetto della sua versione di 2Re 23,8: «Davide, che siede in cattedra, principe sapientissimo fra i tre; egli è come il delicatissimo tarlo del legno», Antonio delinea il profilo del predicatore proprio attraverso il parallelo con Davide: «Davide è figura del predicatore, che deve sedere… sulla cattedra dell’umiltà, ammaestrato dall’esempio di Gesù Cristo, il quale umiliò la gloria della divinità nella cattedra della nostra umanità; dev’essere sapientissimo nella sapienza dell’amore, che sola conosce e gusta quanto è soave il Signore.
Deve anche essere delicatissimo tarlo del legno: tarlo, per forare e corrodere il legno, vale a dire gli induriti nel male e gli sterili di opere buone; delicatissimo, cioè paziente e misericordioso con gli umili e i pentiti» (Sermone per la Domenica IV dopo Pentecoste, 1). In questo brano sant’Antonio precisa anche la ragione per la quale il predicatore deve raggiungere il penitente con il balsamo della misericordia: si tratta di seguire l’esempio e l’insegnamento di Cristo, che nell’incarnazione ha raggiunto l’uomo per rivelare il volto misericordioso del Padre. Contemplando la grandezza dell’amore che si manifesta nell’incarnazione Antonio ricorre all’immagine dell’arco per proporre un’interpretazione suggestiva del rapporto tra misericordia e giustizia, in cui la misericordia appare più potente della giustizia: «L’arco, composto di corda e di legno, simboleggia la misericordia e la giustizia di Dio.
Infatti, come la corda piega il legno, così la misericordia piega la giustizia. Dice Giacomo: “La misericordia trionfa sul giudizio” (Gc 2,13). Nella sua prima venuta Cristo portò con sé la corda flessibile della misericordia per conquistare i peccatori, ma nella seconda venuta colpirà con il legno della giustizia, e renderà a ciascuno secondo le sue opere» (Sermone per la Domenica II dopo Pasqua, 8). Celebrare il giubileo è anche rendere grazie a Colui che, assumendo la nostra umanità, ci ha raggiunti con il balsamo della sua misericordia!