Anno 135 - Giugno 2023Scopri di più
Il capolavoro di Donatello
Alfredo Pescante
«Questa del Donatello è una sorprendente interpretazione religiosa, certo tra le più alte del pensiero visivo». Così padre Salvatore Ruzza parlando della statua bronzea di Maria col Bimbo Gesù, arricchita di pennellate d’oro e collocata sull’altar maggiore della Basilica antoniana. Dopo averla qualificata coi titoli di Vergine, Madre, Regina e Sacerdote, egli giustamente la definisce “tema centrale di tutta la sinfonia di questo altare”.
L’intervento del Fiorentino che fa parlare l’inerte metallo composto da altre sei statue di santi francescani e locali, nonché dallo scomparso baldacchino in pietra che ospitava una “Sacra conversazione”, può esser ritenuto il “capolavoro della sua vita”. La Madonna, assai giovane, splendida nel volto, non è posta casualmente al centro. I frati l’hanno suggerita a Donatello per riprendere la titolazione della primitiva chiesa a “Santa Maria Madre del Signore”, esprimendo in modo geniale una tra le rappresentazioni quattrocentesche dell’iconografia mariana.
Concedendo pure qualcosa al gusto “classico” padovano. “Nostra Donna de l’altaro grande” è nata per esser ammirata e ispirare la preghiera! Peccato sia consentito ai più di gustarla solo da lontano, senza coglierne i pregevoli particolari che abbondano nelle vesti e nel manto a renderla solenne, nella corona arricchita di tre Serafini, nelle splendide mani dalle lunghe dita e negli occhi che le appropriano il ruolo di colloquiante. A pochi metri l’opera rivela la mancanza d’alcune rifiniture: a Gesù nelle dita di mano destra, piede destro e occhio sinistro, a Maria nei capelli.
Il motivo? I “forestieri” fremevano di poter ammirare le sculture, assillando i frati ad anticiparne la visione, provvisoriamente avvenuta il 13 giugno 1448, rubando però a Donatello tempo prezioso nel poterle completare. Maria, nella sua “contenuta sofferenza”, s’alza dal trono, arricchito dai volti di due sfingi e sul retro dalle immagini di Adamo ed Eva nel peccato, offrendo il Redentore che con la manina destra teneramente rassicura e benedice. L’atto suggerisce quello quotidiano del sacerdote sull’altare.