Anno 131 - Maggio 2019Scopri di più

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Il cervo desidera il cielo

fr. Luciano Bertazzo

Frate Antonio invita il lettore a rendersi simile alla capretta e al cerbiatto per poter salire sul “monte degli aromi”, cioè alla perfezione della virtù. Avrete, di certo, sentito dire e anche usato “Salvare capra e cavoli”: un’espressione che appartiene al linguaggio per significare situazioni complesse da risolvere con esito positivo. Ne aveva parlato per primo, proposto come un gioco, addirittura Alcuino di York, il prestigioso direttore della Scuola palatina di Carlo Magno, costruendo la soluzione al problema del contadino che doveva attraversare un fiume in presenza di un lupo, di una capra e dei cavoli. Come fare? Un andirivieni, riuscendo a salvare alla fine “capra e cavoli”! E “dispettoso come una capra” ce lo siamo mai sentiti dire? In effetti, nell’immaginario tanto la pecora e l’agnello simboleggiano mansuetudine, dolcezza, quanto la capra sembra rimandare a autonomia, indipendenza, dispettosità. Ma forse gli etologi potrebbero dire qualcosa in più, anzi secondo ultime ricerche, sembra che la capra sia addirittura capace di fare concorrenza al cane per intelligenza e affettuosità nei confronti del proprio padrone.


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