Anno 136 - Febbraio 2024Scopri di più
Il ciondolo dei legami
Laura Galimberti
Uno spazio bello e curato, di incontro e socializzazione dove tornare a costruire relazioni e legami tra le persone del quartiere. Siamo a Villapizzone, periferia nord ovest di Milano. Davanti alla comunità formata da gesuiti e famiglie, all’incrocio tra due strade c’è un piccolo slargo con un’icona di Maria. Qui da un sogno è nata la Quasilocanda. «Un gioco di parole» spiega Betta Sormani, che con Tullio abita nella comunità da 28 anni ed è tra le promotrici. «È quasi una locanda e racconta che qua, in questo piccolo angolo, si locanda».
Una storia che prende corpo quando è stata fondata l’impresa sociale Villapizzone srl, nel 2018. Persone della comunità e amici del quartiere in realtà avevano nei cuori e nelle menti questo progetto da tempo. Il vecchio bar era stato chiuso come i pochi negozi adiacenti. «Abitando il posto sentivamo la mancanza di un luogo di riferimento per stare insieme, ritrovare uno spazio di relazione, dove mangiare bene e poter prendere un buon caffè. Un luogo buono e anche bello. Lo abbiamo pensato senza immaginare la realtà. Nessuno di noi era esperto di ristorazione o somministrazione. Volevamo uno spazio di tipo sociale, dove tessere buone relazioni gustando del buon cibo».
La Quasilocanda è aperta dalle 8 alle 21:30 «un indicatore che lascia intendere che non eravamo proprio del campo» sottolinea Betta. «Abbiamo realizzato un bar e il ristorante al tempo stesso!». L’attività inizia nel 2019. Poi il Covid. Quindi la ripresa e l’obiettivo chiaro: una buona attività di ristorazione, ma di stampo sociale. «A livello qualitativo devi avere standard molto alti per stare sul mercato» spiega. «In questo momento impieghiamo 14 persone, di cui una educatrice alcune ore a settimana, che ha qui uno sportello sociale. Alcuni si occupano della comunicazione, con la gestione dei social e degli eventi. Accogliamo in questo spazio alcune iniziative sociali.
Ad esempio “i pranzi delle medie” per i ragazzi che escono dalla scuola. Due volte a settimana, dalle 14 alle 16, mangiano un buon piatto da noi e studiano. I genitori lavorano e loro resterebbero altrimenti da soli a casa». La locanda supporta attività di sostegno delle attività del territorio tramite pranzi e caffè sospesi. «Diamo spazio alla diffusione di iniziative importanti a livello sociale, per sostenerle. Tutto questo insieme a una attività di somministrazione che deve stare in piedi». Come impresa sociale sono inserite persone che in varia forma rientrano nelle categorie fragili. «L’integrazione si fa quando i due livelli, fragile e non fragile, sono ben mischiati».
Dietro al bancone Lara, con il suo bel sorriso, ha un gran da fare. «Sono arrivata in Quasilocanda 3 anni fa, in piena chiusura con zone colorate in tempo di Covid. Ero appena rientrata in Italia dalla Francia e cercavo lavoro, un’impresa ardua in quei tempi, anche per Milano. In locanda ho condiviso l’idea del ciondolo dei legami: chi lasciava pagato un caffè, una colazione, un pasto per chi era in difficoltà riceveva in cambio un ciondolo in argilla, come segno del legame buono che generava. Certo nel quartiere esiste la Caritas, la distribuzione dei pacchi, ma una cosa è ricevere del cibo da preparare, ben altro è ricevere un pasto buono, curato e cucinato per te!».
L’idea prosegue ancora. «Ora i ciondoli, in legno, li preparo con i ragazzi che seguo nello spazio dei pranzi delle medie. Due volte a settimana tolgo il grembiule da cameriera e indosso quello di educatrice. Mangiamo insieme con qualcosa di sempre buono preparato dalla cucina, poi un gioco condiviso e l’aiuto per i compiti. L’idea, nata sempre in tempo di Covid, era ed è quella di creare uno spazio dove i ragazzi, che tanto hanno sofferto durante la pandemia, potessero ritrovarsi e stare insieme». Il locale brulica di voci, mentre altre persone attendono per entrare. 60 in tutto i posti disponibili. Nel quartiere lo spazio è centrale e la presenza dei tavolini esterni ne fa un punto di sosta di altri tempi.
Al mattino ci si ferma volentieri per una brioche con caffè - rigorosamente dell’AltroMercato - un cappuccino con macchiature particolarmente curate e poi torte “come quelle della nonna”. Per il pranzo sono da gustare le specialità della casa: il risotto espresso tradizionale o particolare come quello al timo, mandorle e melograno, e le lasagne. Ogni giorno il menù cambia: due primi, due secondi – uno di carne, l’altro vegetariano, e poi i dolci. La sera è possibile un’ apericena con crostoni particolarmente curati. I prezzi sono davvero competitivi.
Ma il punto di forza è evidente: «Molti dicono che qui si sentono a casa – conclude Betta – accolti in un luogo semplice e curato, familiare e senza pretese», trasportati a pochi minuti dal centro in un piccolo paesino dalle porte aperte, abitato nuovamente da relazioni.