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Il realismo di Giacomo

Don Carlo Broccardo

Oggi vorrei fare l’elogio di Giacomo. Come Filippo e Barnaba, non è tra i personaggi più famosi del cristianesimo nascente. Non si tratta infatti di Giacomo “il maggiore”, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni (già ucciso da Erode al cap. 12); il nostro Giacomo è “il fratello del Signore”, secondo quanto scritto nella lettera ai Galati (cfr. Gal 1,19): uno dei parenti stretti di Gesù che, dopo la sua risurrezione, si è unito alla comunità di Gerusalemme, fino a diventarne il responsabile. Perché viene chiamato in causa? Perché ad Antiochia era sorto un problema. Tutti erano ormai d’accordo: anche i pagani, cioè i non ebrei, possono credere in Gesù risorto ed essere salvati; però rimaneva un non detto su cui c’erano opinioni diverse: alcuni dicevano che i non ebrei, per poter veramente credere in Gesù, dovevano prima diventare ebrei e quindi osservare tutta la legge di Mosè; altri invece, tra cui Paolo e Barnaba, dicevano che non era necessario: è sufficiente credere in Gesù, per essere salvati! (continua)


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