Anno 135 - Giugno 2023Scopri di più
Il ruolo del portiere
Elide Siviero
Nella partita Polonia – Argentina del 30 novembre 2022 degli ultimi campionati mondiali di calcio mi ha davvero colpito il portiere polacco Wojciech Tomasz Szczęsny (che attualmente milita nella Juventus). Questo portiere ha compiuto delle azioni grandiose con una squadra che non brillava per capacità: è persino riuscito a parare un rigore a Lionel Messi, che ha conquistato il premio come miglior calciatore del mondiale. In una squadra di calcio un compito molto importante spetta al portiere, l’estremo difensore, cioè l’ultima risorsa per la salvaguardia del risultato finale.
Il portiere è anche colui che in qualche modo organizza il reparto difensivo del gioco; sa comunicare bene con la difesa, aiuta i propri compagni a superare gli ostacoli con maggior disinvoltura. L’occhio attento nelle fasi calde gli permette di correggere gli errori di posizionamento della propria squadra o di offrire un altro punto di vista a chi è in possesso della palla per garantire soluzioni più sicure e più vantaggiose. Egli è l’unico che nell’area di rigore può usare gli arti superiori. Agli occhi inesperti questo ruolo può sembrare poco stimolante e passivo.
In realtà agilità, elasticità, prontezza di riflessi, rapidità sono caratteristiche fondamentali, utili a disinnescare i molti pericoli che si susseguono durante una gara, ma questi attributi fisici non sono sufficienti a fare di una persona qualsiasi un buon portiere. Essenziali sono tutte le componenti mentali: attenzione e lucidità, senso della posizione, comunicazione, sicurezza e istintività; tutto questo, sommato a una buona tecnica e a un’ottima preparazione tattica. Wojciech Tomasz Szczęsny è un portiere efficace, dispone di buoni riflessi ed è bravo nel posizionarsi tra i pali.
Abile nel leggere l’azione e nell’allungarsi in tuffo, è pulito negli interventi, reattivo e agile nell’andare a terra. In una intervista Szczesny ha parlato della sua storia personale: «Mi ruppi le braccia quando ero adolescente e ancora oggi mi costa tanto, tanto dolore. Ogni parata è dolorosa per me. Non ne parlo troppo, perché ci sono abituato. Ma onestamente: devi essere un idiota per lavorare in una professione in cui ogni parata – e faccio centinaia di parate al giorno – ti provoca dolore vivo. Forse esistono dei rimedi. Se rimuovessi le placche di metallo dalle braccia, potrebbe essere d’aiuto, ma il recupero richiederebbe alcuni mesi e non ho l’opportunità di farlo come magari per altri tipi di infortunio.
Ho trovato una soluzione con i guanti che mi aiutano un po’, ma prima del 2018 ho vissuto situazioni in cui il dolore era così forte che dopo l’allenamento non potevo togliermi i guanti o aprire una bottiglia d’acqua». Egli quindi ha le braccia ferite, ma proprio con quelle braccia riesce a parare anche i rigori più temibili. L’immagine di questo portiere che salva una squadra di calcio come la Polonia, incapace di agire in attacco e debole nelle file della difesa, mi richiama tanto quella di Gesù Cristo.
Egli con le sue braccia ferite ci sa proteggere da tutti i colpi che ci vengono inferti dall’avversario. Noi non siamo dei bravi giocatori, siamo davvero scarsi, non riusciamo ad attaccare il nemico, non riusciamo a fare gol, ma lui, il Cristo, ci protegge alle spalle come estremo difensore, è pronto a organizzare la difesa, sa parare tutti i rigori, proprio con il suo dolore sulla croce, segno di un amore totale: è solo il Signore che ci mette in salvo da ogni insidia dell’avversario. (a Michele, il caro amico portiere)