Anno 135 - Maggio 2023Scopri di più
La carità invisibile
Don Livio Tonello, direttore
Quando arrivano i mesi primaverili si entra nel turbinio della denuncia dei redditi. Scontrini, ricevute, donazioni liberali, 5x1000... sono elementi ricorrenti per fare il punto della situazione contributiva. Caf, commercialisti e consulenti scrutano entrate e uscite del nostro menage economico. 730 non è più una semplice indicazione di orario, ma un modulo da compilare; CUD un tempo e ora CU sono acronimi tecnici di uso comune. Ed è attraverso questi strumenti che si manifesta la generosità di molti, credenti e non.
Le statistiche sono eloquenti sulla quantità di donazioni liberali che gli italiani fanno a favore di enti caritativi, culturali, sportivi, assistenziali, anche se la pandemia ha raffreddato la generosità. Movimenti e associazioni no-profit usufruiscono della detrazione o deduzione dalle tasse che lo Stato concede ai cittadini e alle aziende. Sempre di soldi sborsati si tratta, ma confluiti in opere di carità, di accoglienza e di sostegno per coloro che non hanno nemmeno un semplice modulo da presentare.
Senza questi interventi avremmo una società più povera, meno coinvolta, individualista. Lo Stato non riuscirebbe a intervenire in quegli ambiti nei quali il volontariato e le donazioni dei cittadini sono essenziali. Accoglienza, ricerca, scuola, sanità, cultura... fioriscono con la generosità gratuita di molti. Anche l’Associazione Universale di Sant’Antonio, di cui fai parte, confida in una firma in calce alla denuncia dei redditi. L’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) le dà la possibilità di vedere tradotta in carità (pane dei poveri) ciò che lo Stato scosta dal reddito dando un beneficio fiscale agli offerenti.
Apporre la propria firma per la carità dell’Associazione non costa nulla e non richiede un esborso ulteriore. Porta invece un doppio vantaggio: un risparmio fiscale e una trasposizione in “pane” di ogni euro donato. Sembra un discorso interessato – è vero – e forse meno consono per un editoriale. Ciò che vorrei far emergere è che non tutto il bene che facciamo è visibile e diretto. Ci sono rivoli carsici di generosità che vanno ad alimentare importanti torrenti di solidarietà. Fare l’elemosina a un povero ha un valore; sostenere un progetto di solidarietà di una organizzazione ne ha un altro. Questo va più lontano e colpisce in modo mirato e generativo le povertà umane e spirituali.
Se il mendicante non è inserito in un progetto di riscatto e di accompagnamento, probabilmente resterà tale. Se trova chi lo aiuta oltre l’emergenza, potrà abbandonare per sempre il marciapiede. «Dai un pesce a un uomo e lo sfamerai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita», recita il famoso proverbio. La volontà di destinare il 5x1000 alla solidarietà, fare una offerta liberale, aderire a una raccolta fondi, cliccare sul “dona ora”, sono investimenti sul futuro delle persone e quindi della società. È anche un gesto di fiducia nei confronti degli enti che colgono le esigenze sociali e intervengono in modo mirato a nome del donatore. Una qualità di vita migliore per tante persone che si alimenta a un flusso di carità invisibile, ma dal grande significato.
Una firma, un dono.