Anno 136 - Giugno 2024Scopri di più
La maestria di un colpo di tacco
Elide Siviero
Lo so che può sembrare strano che una vecchia signora come me si interessi di calcio: mio marito si stupisce ancora che io riconosca subito un fuorigioco! In questo mese inizierà il Campionato europeo di calcio (14 giugno - 14 luglio) e io mi farò una scorpacciata di partite, perché in realtà guardo solo i match delle Nazionali. Però confesso che mi piace vedere le sintesi delle varie competizioni, i gol che vengono segnati, le soluzioni, le improvvisate, le sorprese che possono condurre al gol. In realtà, il calcio, come altri sport, mi offre sempre la possibilità di riflettere su alcuni aspetti della vita: ad esempio, ho presente alcuni gol che vengono fatti in maniera inaspettata, con un colpo di tacco dell’attaccante. O altri che sono il risultato di una rovesciata inattesa.
A volte alcuni passaggi, apparentemente riusciti male, arrivano a essere qualcosa di incredibile e la palla vola dentro la porta. Sembrano gol di pura fortuna, che sorprendono anche chi li ha compiuti, ma in realtà sono frutto di un grande allenamento, di prove su prove. Le prodezze impossibili sono fortuite solo all’apparenza. Questi gol sorprendenti non nascono dal caso, anche se sembra così. In realtà, i colpi di genio ci sono perché uno si è allenato tanto. Sono frutto di una costante esercitazione in merito. Non si improvvisa un colpo di tacco arguto: bisogna averlo provato tante volte, così tante da sembrare naturale quello che avviene.
Anche nella nostra vita spirituale noi dobbiamo vivere così: amare gli altri non è sempre spontaneo, è frutto di un allenamento. Si tratta di imparare giorno dopo giorno a vedere il prossimo, a considerarlo importante, a metterci al suo posto, a riporre da parte le nostre difficoltà: non si improvvisa la capacità di donarsi. Lo stesso vale per la preghiera: diventa spontanea quando per anni tu l’hai fatta diventare il ritmo della tua giornata; non vivi più senza la preghiera, ma prima c’è stato sforzo e fatica per essere fedeli e perseveranti in essa. Anche con la pazienza e con tutte le altre virtù: all’inizio si fatica, poi si impara a esercitarle e, giorno dopo giorno, camminando sul filo della propria precarietà, si diventa capaci di mantenersi in equilibrio, perché continuamente ci si è esercitati in esse.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che per mantenerci fedeli alle promesse del Battesimo è importante acquisire conoscenza di sé, praticare un’ascesi adattata al proprio stato di vita e alle situazioni che si vivono, obbedire ai comandamenti, praticare le virtù morali ed essere fedeli nella preghiera quotidiana (cfr. CCC, n. 2340): insomma allenarci al bene, con costanza. E prosegue: «Il dominio di sé è un’opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare a ogni età della vita» (CCC 2342). Dobbiamo esercitarci a ripetere i soliti gesti tutti i giorni, come una pratica quotidiana, perché poi arriverà l’occasione giusta in cui metteremo in atto quello che abbiamo appreso con l’allenamento e avrà un effetto strabiliante. E non dobbiamo nemmeno accontentarci, perché, come afferma san Gregorio di Nissa: «Colui che sale non cessa mai di andare di inizio in inizio; non si è mai finito di incominciare. Mai colui che sale cessa di desiderare ciò che già conosce».
Il nostro colpo di tacco, con cui mettiamo in scacco il nostro avversario, non avviene all’improvviso, ma nasce da una costante vigilanza a non lasciarci sorprendere dalle avversità della vita, a farle diventare un trampolino di lancio, un’occasione per sorprenderci dell’effetto della Grazia su di noi.