Anno 137 - Marzo 2025Scopri di più
La mansuetudine della misericordia
suor Mary Melone
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Se si volesse cercare una descrizione dettagliata della misericordia all’interno dei Sermoni di Antonio di Padova, si rimarrebbe probabilmente un po’ disorientati per l’impossibilità di trovarla. Pensati infatti essenzialmente come un commento alla Sacra Scrittura, i Sermoni non vengono costruiti con un andamento argomentativo, come un trattato speculativo. Al contrario, le pagine dei Sermoni si presentano come una raccolta di testi biblici, spesso accostati solo perché “concordano” tra loro, cioè perché hanno in comune una parola, un’espressione, un personaggio. Eppure, al di sotto di questa apparente semplicità Antonio offre ai suoi confratelli, e a tutti noi suoi lettori, un’impressionante ricchezza di dottrina, ricavata da una profonda e appassionata conoscenza della pagina biblica.
Alla luce di queste indicazioni, bisogna riconoscere che i tratti della misericordia che egli fa emergere, con le sue brevi ma intense pennellate, contribuiscono senza dubbio ad averne una comprensione più evangelica. Anzitutto Antonio lega la misericordia alla mansuetudine: «Nelle basi del tempio ci siano queste sculture: la conoscenza della dottrina, per insegnare; il terrore della potenza, per rimproverare; la mansuetudine della misericordia, per confortare; i legami della disciplina, per limitare e frenare» (Sermone per la Domenica VI dopo Pentecoste, 1).
La mansuetudine mette in risalto il conforto e la consolazione che la misericordia di Dio genera nel cuore dell’uomo, doni a cui i testi fanno riferimento anche attraverso la qualità della dolcezza: «Parimenti, per mezzo dello spirito della scienza e della pietà, l’anima diventa giardino di pomi, i cui frutti, le mele, hanno la dolcezza della misericordia» (Sermone per la Domenica XX dopo Pentecoste, 8).
In che senso va intesa questa dolcezza? Antonio lo spiega sottolineando come l’azione misericordiosa di Dio mentre purifica l’anima dal peccato, la inonda anche di gioia pura colmandola così di dolcezza. «Considera che la misericordia del Signore compie tre azioni: purifica l’anima dai vizi, l’arricchisce di copiosi carismi, la ricolma delle delizie dei celesti gaudi. La prima azione riempie il cuore col dolore della contrizione, la seconda lo intenerisce di amore, la terza lo inonda di rugiada celeste con la speranza dei beni eterni» (Sermone per la Domenica XXII dopo Pentecoste, 8).
È significativa l’attenzione che Antonio riserva alla capacità di consolare e incoraggiare propria dell’agire misericordioso di Dio. Egli, infatti, si preoccupa sicuramente di far risaltare la misericordia come l’azione della grazia di Dio che libera dal peccato, ma non dimentica mai di sottolineare che, allo stesso tempo, questa sua azione purificatrice è portatrice di gioia vera e profonda. Molto efficace è, a questo riguardo, l’analisi di tre qualità che egli attribuisce alla misericordia, definendola graziosa, spaziosa e preziosa: «La misericordia è graziosa, perché con la grazia purifica l’anima dai vizi. Nel tempo della tribolazione, cioè quando è tormentata a motivo dei suoi peccati, l’anima viene irrorata dalla pioggia della grazia che la ristora e lava e cancella i peccati. Spaziosa, perché col tempo si allarga e si espande nelle opere buone. Preziosa, nelle delizie dell’eterna vita: “Chiunque ti onora ha la certezza che se la sua vita è stata messa alla prova, sarà coronato; a chi è stato oppresso e perseguitato sarà concesso di entrare nella tua misericordia”» (Sermone per la Domenica IV dopo Pentecoste, 3).
Celebrare il giubileo alla scuola di Antonio di Padova significa anche riconoscere che Dio, nella grandezza del suo amore misericordioso, desidera non solo cancellare le nostre colpe, ma anche ricolmarci di una gioia profonda, facendoci sentire sicuri nelle sue mani!