Anno 137 - Gennaio 2025Scopri di più
La pace inizia in famiglia
mons. Giampaolo Dianin, vescovo
Gennaio è il mese della pace che si apre con la giornata mondiale della pace e, a metà del mese, si celebra la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Un mese che dovrebbe profumare di pace, mentre invece guerre atroci stanno ancora insanguinando la nostra terra, compresa quella dove Gesù ha vissuto.
Tante volte Gesù è stato provocato su questioni sociali, politiche, sul dominio dell’impero romano, sulle tasse, sulle cause del male e della violenza; ogni volta ha riportato la questione alle radici profonde del male, al cuore malato dell’uomo, alla dimenticanza di Dio che fin dalle origini ha portato Adamo ad accusare Eva, Caino a uccidere Abele.
Ma soprattutto Gesù più che dire agli altri cosa fosse giusto fare, ha operato delle scelte precise: «Rimetti la spada nel fodero» ha detto a Pietro nel giardino degli Ulivi, assumendosi le conseguenze di una scelta di amore a oltranza (Gv 18,11). E se Gesù ha scelto per sé la strada della non violenza e dell’amore, non ha mai usato mezzi termini quando si trattava di difendere altre persone da ingiustizie e soprusi. Se non dobbiamo dimenticare che la giustizia è alla base del vero amore, dobbiamo anche dire che senza un po’ di amore la giustizia non riuscirà mai a sciogliere la durezza dei cuori.
La pace non è solo assenza di guerra o rinuncia alla vendetta, non è solo disponibilità al perdono; questi sono frutti, ma l’albero che li può produrre è fatto di alleanze durature, prima fra tutte quella con Dio che in Cristo abbraccia l’uomo, gli ridà stima, fiducia, amore e amicizia. La pace è un piccolo seme che tutti siamo chiamati a custodire e far crescere iniziando dalle nostre famiglie che si fondano sulla differenza tra uomo e donna, che fanno i conti con una diversità che spesso alimenta i conflitti, causa divisioni, spezza i legami e a volte arriva anche a vissuti drammatici come i femminicidi.
Nell’alleanza d’amore, che è l’identità di una famiglia, ciascuno può guardare l’altro come simile a sé, come persona amata e perdonata da Dio. Il credente guarda al fratello con lo sguardo di Dio: tu sei importante per me, ti stimo, ti amo, mi sta a cuore il tuo bene, Quando ciascuno di noi, quando ogni uomo e donna cercheranno il bene dell’altro che ci vive accanto cominceremo a costruire quella pace di cui parla il vangelo, quella che parte dal cuore. Concretamente la pace chiede di mettere da parte ogni forma di intolleranza nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. Chiede di conoscere l’altro con l’umiltà di chi non pretende di aver già capito tutto. Spesso guardiamo l’altro solo dalla nostra prospettiva vedendolo come potenziale nemico, non come colui che può arricchire la mia umanità. La pace chiede dialogo, incontro, fiducia reciproca, stima, simpatia per ogni persona, per ogni cultura, per ogni credo religioso. Il dialogo non chiede di mettere tra parentesi la nostra identità, solo chi ha un’identità fragile teme di perderla nel dialogo. Un cristiano sincero e autentico trova nel dialogo l’occasione per crescere grazie al dono che può rappresentare l’altro.
Sentiamo la pochezza e fragilità di tutte queste parole. «Cos’è questo per tanta gente?» hanno chiesto i dodici di fronte a pochi pani e a 5000 persone da sfamare (Gv 6,9). Cos’è questo che abbiamo detto di fronte ai drammi che vediamo ogni giorno in diretta? A Dio chiediamo in questo mese che la custodia e la costruzione della pace inizi tra le mura domestiche, dal cuore di ciascuno di noi, un pane buono per questa nostra umanità.