Anno 132 - Febbraio 2020Scopri di più
L’altare di Donatello
Alfredo Pescante
Si sarebbe irritato Donatello nel veder così conciato il suo capolavoro realizzato a sostituire il trecentesco ciborio gotico! Eppure “il più bell’altare del mondo” doveva esser ristrutturato perché piuttosto fragile, esile e danneggiato. Infatti, a partir dal 1579 Girolamo Campagna ne produce uno nuovo con le stesse statue. Nel 1591 altro intervento che lascia al loro posto solo tre bronzi, e un ulteriore occorre nel 1651.
Nel 1895 Camillo Boito pensa di riunire tutti i pezzi originari dell’altare formando l’attuale che maestoso s’impone nel vasto presbiterio, pur senz’adeguata illuminazione e con l’accesso negato ai più. Difficile per noi ricostruirne l’architettonica struttura originaria che doveva far sintesi con l’arredo plastico, a mo’ di “Sacra conversazione”.
Sovrumana l’impresa cui Donatello s’accinge, ché nulla gli è impossibile realizzare: dal bassorilievo, allo stiacciato, alla figura a tutto tondo. Occorre denaro e il lanaiolo Francesco Tergola offre nel 1446 una notevole somma, sì che Donato è già all’opera nel febbraio 1447 con una schiera di collaboratori alla meravigliosa opera, prima del Crocefisso bramato dai frati, lavorando pure al Gattamelata.
La spasmodica attesa dei foresti è premiata due volte con l’anteprima dell’altare (13 giugno 1448 e 1449), finché è solennemente scoperto nel 1450, lucente d’oro e argento su statue, colonne, cornici e gradini. Pullula un mondo che ci ama: chi redime soffrendo (Cristo), chi prega per l’umanità (Maria e il Bambino), chi invoca l’aiuto celeste (i santi Francesco, Antonio, Ludovico, Giustina, Daniele, Prosdocimo), chi canta (una schiera d’Angeli con strumenti), i quattro Evangelisti e altrettanti miracoli di Antonio.
Non resta che inginocchiarci e pregare!