Anno 131 - Marzo 2019Scopri di più
L'amico invadente
Don Carlo Broccardo
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Luca 11,1-13
Che sia una casa o un appartamento, una villa o un monolocale, abbiamo tutti almeno una stanza da letto, una cucina, un bagno, un soggiorno (magari mini, ma ce l’abbiamo). Ai tempi di Gesù, invece, la stragrande maggioranza della gente viveva in una stanza sola; ed erano famiglie numerose! Coloro che sono stati in pellegrinaggio in Terra Santa hanno visto i resti delle case dell’epoca: a Cafàrnao erano in muratura, a Nàzaret erano poco più che grotte naturali adattate all’abitazione; in entrambi i casi si tratta di una sola stanza nella quale viveva tutta la famiglia. Di giorno poco importa: la vita si svolgeva fuori casa; ma di notte dobbiamo immaginare anche dieci-quindici persone che dormivano nella stessa stanza di venti metri quadrati uno accanto all’altro.
Se riusciamo a immaginare questa scena, entriamo più facilmente in sintonia con la parabola che vogliamo approfondire oggi: un tale sta dormendo beato con tutta la sua famiglia, quando nel pieno della notte sente bussare alla porta; fuori c’è un amico che gli chiede tre pezzi di pane. «Non mi importunare», gli risponde; «la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani».
Non è poco generoso lui; è fuori luogo l’altro: alzarsi e aprire la porta significava svegliare tutti... Eppure alla fine lo farà. Non perché a bussare è stato un suo amico, ma perché l’altro lo ha sfinito a forza di insistere.
Gesù dice che gli darà i pezzi di pane che gli occorrono «per la sua invadenza». La parola greca tradotta con «invadenza» è molto rara; dice alla lettera un’azione compiuta senza ritegno, senza vergogna, senza rispetto. Insomma: è ovvio che non è il caso di svegliare una famiglia intera solo per dare un po’ di pane a un amico di passaggio, eppure quel tale l’ha fatto lo stesso. Gesù dunque sta presentando non solo un caso di invocazione insistente, ma insistente al punto da essere scortese. Così dev’essere la vostra preghiera – commenta Gesù. Insistente al punto da essere eccessiva.
La nostra parabola è incastonata tra il Padre Nostro e altri insegnamenti di Gesù sulla preghiera. Notiamo come si tratti in entrambi i casi di una preghiera di domanda: il Maestro ci insegna a non aver paura di chiedere quando preghiamo il Padre, e poi con la parabola aggiunge: non abbiate paura di farlo con la massima insistenza. Come gli amici che hanno sfasciato un tetto per calare il paralitico (cfr. Lc 5,19) o l’emorroissa, che ha contaminato una folla intera pur di arrivare vicina a Gesù (cfr. Lc 8,47-48). Chiedete, senza ritegno!
Sant’Ignazio di Loyola propone di iniziare sempre la preghiera mettendo davanti al Signore ciò che desideriamo. La chiama «la grazia da chiedere». Gaetano Piccolo, nel libro intitolato Testa o cuore?, commenta così: «Ignazio la chiama grazia nel senso di gratis, qualcosa di gratuito, il regalo che chiediamo al Signore come un bambino che ha la libertà di chiedere alla propria mamma quello che desidera. La mamma non è obbligata ad accontentare il figlio, almeno non nella forma pretesa dal bambino, ma solo in questo modo s’innesca una relazione autentica ed efficace tra madre e figlio» (p. 24).
Magari all’inizio la nostra preghiera è un po’ scomposta, non sappiamo bene se quello che chiediamo sia giusto o sbagliato; poco importa: non dobbiamo aver paura di insistere. Con il tempo, pregando, anche la nostra preghiera cambierà; giorno dopo giorno saremo sempre più in sintonia con la volontà del Padre, fino a capire e desiderare il suo progetto su di noi.