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L’arte del dialogo nel mondo ebraico

Don Giulio Osto

Dal 1989 il 17 gennaio si celebra in Italia la Giornata per l’approfondimento e il dialogo tra cristiani ed ebrei. Questa iniziativa è stata voluta dai vescovi italiani e, anche se viene vissuta da alcuni anni, non è ancora entrata nella consapevolezza comune delle persone. L’ebraismo, comunque, riveste sempre un certo fascino e attira molte persone, ad esempio per la particolarità delle feste, per la ricchezza della Bibbia, per l’immensità della cultura ebraica.

Una dimensione che riscuote molto interesse è quella artistica, sia nell’ambito musicale sia in quello delle arti figurative. L’occasione della giornata del 17 gennaio può essere quest’anno vissuta grazie a un percorso all’interno dell’arte ebraica che il libro appena pubblicato da Cittadella Editrice, Memoria, creazione, dialogo. Percorsi dell’arte ebraica, scritto dal professor Enrico Riparelli, contribuisce a esplorare in modo esteso e originale. Fino a questo ampio saggio, infatti, mancava in lingua italiana un testo che introducesse in tutti i percorsi dell’arte ebraica lungo i secoli.

L’opera è suddivisa in due parti. Nella prima viene esposta la storia di un’arte «diasporica» che ripercorre le varie metamorfosi dei codici pittorici ebraici lungo i secoli. Edifici di culto, libri, oggetti, dipinti e altri manufatti testimoniano la ricchezza di quella religione che, nonostante il famoso divieto di «non farsi immagine alcuna» dell’unico Dio, ci consegna un patrimonio artistico degno di grande attenzione. La dialettica tra immagine e parola, infatti, attraversa l’ebraismo lungo tutti i secoli e mette anche a dura prova i tentativi di definire cosa sia l’«arte ebraica».

Le peregrinazioni dei figli di Israele possono essere raccontate attraverso le testimonianze artistiche che documentano in modo visibile i contesti, le trasformazioni, le contaminazioni avvenute nel corso del tempo. La visita a qualsiasi luogo di culto ebraico o museo o quartiere ci permette di incontrare proprio le manifestazioni artistiche di questa religione. Il percorso della prima parte accompagna dall’arte dell’epoca biblica fino al Novecento, immergendo il lettore in una messe di artisti, opere e contesti.

La seconda parte del corposo saggio, invece, è dedicata all’approfondimento di alcuni temi principali. Sono quattro gli affondi che l’autore ci consegna: il rapporto tra arte e Shoah, l’intreccio tra arte, società e spiritualità, l’arte del dialogo e un affresco di una teologia ebraica dell’arte. Nel contesto della giornata del 17 gennaio è significativo accennare all’arte del dialogo, un percorso poco noto al grande pubblico con l’eccezione della celebre figura di Marc Chagall che rappresenta uno dei maggiori e più significativi testimoni.

Perché arte del dialogo? Sostanzialmente perché gli artisti – in particolare i pittori – di tradizione ebraica si mettono in dialogo con temi e istanze non appartenenti all’ebraismo tout court. Il soggetto più “provocante” preso in questione è l’ebreo Gesù di Nazaret che diventa un tema di molti artisti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento in poi. Alcune opere in questo senso sono Cristo dinanzi alla corte del popolo (1876) di M. Antolkolsky (1843-1902), Cristo dinanzi ai suoi giudici (1877-1879) di Maurycy Gottlieb e poi Gesù dodicenne al Tempio (1879) di Max Liebermann. Nei decenni successivi, incontriamo la scultura di Jacop Epstein Cristo risorto (1917-1919) e poi Cristo in Maestà (1954). Anche il pittore Reuven Rubin realizza L’incontro (Gesù e l’ebreo) nel 1922. L’interesse degli artisti di tradizione ebraica viene catturato anche dal Gesù crocifisso e tra tutte le opere spicca la Crocifissione bianca (1938) di M. Chagall, insieme con l’opera Crocifisso del 1941-1942 di M. Rothko

. L’arte del dialogo ebraica, però, si confronta anche con temi tipicamente cristiani, musulmani e orientali. L’esplorazione dell’arte ebraica, dunque, riserva numerose sorprese. Tra le ispirazioni più suggestive del significato della pratica artistica all’interno dell’ebraismo possiamo menzionare l’impegno per il Tikkun Olam che significa «riparazione del mondo». A partire, infatti, dal XVI secolo, il compito dell’artista viene connotato dal punto di vista mistico-spirituale come un lavoro per la riparazione del mondo. Questa “spiritualità” dell’arte viene ripresa nuovamente negli anni Cinquanta del Novecento con una connotazione socio-politica. La riparazione del mondo, infatti, deve trasformare i rapporti di giustizia e di amore tra le persone, abbracciando anche le differenze culturali e religiose.

La visione dell’arte come riparazione del mondo è molto feconda per il dialogo tra credenti di religioni diverse. Infatti, spesso l’approccio con un’altra esperienza religiosa prende inizio da qualche incontro con opere d’arte. Il dialogo interreligioso attraverso le arti è, dunque, un dialogo a colori e costituisce una strada molto promettente per aprire vie e luoghi di incontro e conoscenza reciproca. Ci auguriamo allora che l’incontro con qualche opera di tradizione ebraica sia la scintilla che accende la passione per il dialogo e uno scambio di doni reciproco, nel comune cammino al servizio della riparazione del mondo.