Anno 132 - Marzo 2020Scopri di più
Le virtù: profumo di gioia
fr. Antonio Ramina
«Ogni cosa alla sua stagione». Così recita il proverbio. Per dire che se alcune cose possono andar bene in certi tempi, in altri potrebbero risultare fuori luogo. Si può affermare questo anche per le parole che usiamo? Ci sono, cioè, parole buone per alcuni tempi, ma che ci appaiono inappropriate in altri? Detto in altri termini: anche le parole possono andare fuori moda?
A giudicare dalla parola “virtù” credo proprio che si dovrebbe dire di sì. L’uso dell’espressione “virtù” potrebbe infatti apparirci tipico di un linguaggio di altri tempi. Se oggi parliamo di “virtù” forse suscitiamo qualche sorriso ironico in chi ci ascolta. Da un lato è comprensibile, perché a volte alla parola “virtù” corrispondono atteggiamenti forzati e artificiali.
Chi è virtuoso rischia cioè di essere visto come una persona che, mettendo in atto i suoi sforzi, riesce a rivestirsi di comportamenti cerimoniosi. Ma la ricerca della virtù potrebbe anche essere derisa a motivo del fatto che, probabilmente, oggi si è più propensi a valorizzare ciò che è spontaneo, immediato. Spontaneità e immediatezza, certo, sono anch’esse attitudini importanti; ma possono escludere del tutto ogni riferimento alla virtù?
Guardando indietro scopriamo che le “virtù” venivano incoraggiate anche dalla sapienza antica. Se infatti consideriamo semplicemente il significato della parola “virtù” siamo rimandati alla capacità di esercitare con forza, in modo continuato, la fermezza di una scelta per qualcosa che è buono. Buono non in senso generale e astratto, ma nel senso di gustoso e portatore di gioia. Virtù è appunto questo: esercitare con forza un comportamento che, alla fine, mi fa sperimentare gioia e sapore. L’esercizio della virtù è dunque assai importante, pur riconoscendo il rischio che essa possa essere soltanto artificiosamente simulata.
Lo sapeva bene sant’Antonio che nel suo sermone per il Mercoledì delle Ceneri si esprime così: «La parola del Vangelo che dice “quando digiunate, non diventate tristi come gli ipocriti” (Mt 6,16) – cioè non ostentate il vostro digiuno con la tristezza del volto – non proibisce la virtù, bensì la falsa apparenza della virtù». Ciò che va rifiutato – fa osservare il nostro Santo – è dunque la falsa virtù, quella che ha a che fare con comportamenti adottati in modo superficiale ed esibizionista, che non partono dal cuore. Sono davvero tante le esortazioni che sant’Antonio rivolge per risvegliare il nostro amore per la virtù.
Ne facciamo solo qualche esempio. Una virtù a cui era particolarmente affezionato è il discernimento, ossia l’attenzione a distinguere ciò che fa bene da ciò che, pur attraente, ci fa male. Per descrivere il discernimento utilizza un’immagine efficace: il naso. L’anima nostra, scrive il Santo, ha come un naso. E qual è? Ecco cosa afferma: «Il naso dell’anima è la virtù del discernimento, per mezzo della quale essa, come con un naso, deve saper distinguere il profumo dal fetore, il vizio dalla virtù, e avvertire anche cose poste lontano, cioè le tentazioni che stanno per arrivare» (Quaresima II).
Davvero acuto! Si tratta di una virtù fondamentale: la capacità di sentire il profumo (se è bene) o la puzza (se è male) anche di lontano; e scegliere subito da che parte stare! In ogni caso anche la persona virtuosa dovrà sempre stare attenta a come usa la lingua, perché una lingua cattiva corre il rischio di uccidere anche le virtù più belle: «I colpi della lingua della diffamazione frantumano all’interno le ossa delle virtù» (Quaresima I). È come se sant’Antonio ci dicesse: puoi anche avere le virtù più grandi, ma se usi la tua lingua per diffamare il prossimo distruggi tutto ciò che hai imparato di buono.
Chiediamo dunque anche noi, come il Santo scrive in una sua preghiera, il profumo della virtù: «Io vi supplico di comperare con il denaro della buona volontà gli aromi delle virtù, con i quali possiate ungere le membra di Cristo con l’amabilità della parola e con il profumo del buon esempio» (Pasqua I). Ecco il vero profumo: parola amabile, buon esempio!