Anno 136 - Aprile 2024Scopri di più
Nella Luce del Risorto
Laura Galimberti
Un telo bianco dipinto su una lastra di marmo, che squarcia il buio circostante. Il “Sepolcro glorioso” di Ettore Frani dal mercoledì delle ceneri è esposto sotto l’altare di una parrocchia di periferia. Siamo a Ostia (Roma), presso la chiesa San Nicola di Bari (foto sopra). L’incontro provvidenziale con l’artista, che da dieci anni lavora e vive a Ostia, ha generato l’iniziativa. Il racconto della fede viene così accompagnato dall’intuizione di un artista che sul tema della luce ha sempre lavorato. «Posso dire – spiega Frani, 46 anni – che è segretamente emerso sin dal primo momento, assieme alla scelta radicale di dipingere solo con il nero, più di venticinque anni fa, proprio per cercare di mostrare l’essenziale e accostarmi all’indicibile mistero della vita che nella luce trova la sua massima epifania». L’installazione permanente del paliotto (che misura 56 cm per 163,5) ha mutato anche la percezione dello spazio. «L’opera provoca il fedele ed entra in una relazione intima con lui» spiega il parroco don Salvatore Tanzillo.
Le reazioni dei fedeli
Tante le risonanze dei fedeli, chiamati a interagire con il messaggio, raccolte in una bacheca virtuale accessibile tramite QR-code. «Ha un effetto indubbiamente “immersivo”; la Luce che emana non respinge lo sguardo, ma ti accompagna dentro... e via via l’emozione aumenta quando gli occhi cominciano con gradualità a distinguere oltre il telo le fattezze dell’Uomo» si legge in una nota. Ancora: «Speranza, questo mi suscita l’opera, nella sua dualità tra luce e ombra. La luce potente è il ricordo dei momenti in cui percepisco più amore nell’aria, quando sento di potermi rifugiare nello sguardo del mio prossimo». «L’emozione della fine di una notte che lascia spazio al sole che sorge. La rinascita interiore dopo essermi sentita morta dentro». L’opera è in realtà la seconda versione, più luminosa, del “Sepolcro glorioso”, installato a Milano presso la chiesa San Fedele. Proprio alla Galleria San Fedele, spazio espositivo e di ricerca artistica promosso dai gesuiti, Ettore Frani nel 2010 ha ricevuto il premio come artista emergente. «La sua è una tecnica davvero particolare» spiega p. Andrea Dall’Asta SJ, direttore. «Attraverso l’uso del solo colore nero, steso su superfici laccate di bianco, crea intensità, profondità, atmosfere silenti, soffuse, estranianti. Così l’opposto – il bianco – emerge dal fondo. Un effetto fortemente trascendente e particolare. Un grande messaggio di fiducia: veniamo dalla luce e torniamo alla luce, nonostante le nostre ambiguità e contraddizioni».
Tornare a pro-vocare
L’arte con l’intenzione di provare a pro-vocare una domanda interiore e una ricerca sia nel tempo forte della quaresima, ma anche in questo tempo di drammatiche inquietudini e incertezze. Ma quale arte sacra oggi? «Spesso - spiega p. Dall’Asta, che al tema ha dedicato una pubblicazione apposita - quando entriamo in una chiesa antica o contemporanea, restiamo costernati nel trovarci di fronte a rappresentazioni di “plastica”, a pallide ombre che vorrebbero rievocare le testimonianze trionfali della nostra tradizione cristiana. Immagini seriali, prefabbricate, superficiali, disincarnate. Un mondo vuoto, senza contatto col reale. Troppo spesso gli spazi sono poi violati nella loro secolare armonia. Tra le diverse espressioni figurative contemporanee esiste tuttavia un comune denominatore: lo sguardo rivolto al passato. Colpisce il modo con cui l’immagine liturgica volta le spalle al tempo presente. In breve, il rimpianto per il passato appare il tratto dominante».
L’arte sacra di domani
«Davanti all’incapacità di guardare al presente, alla realtà, alle sue difficoltà - continua p. Dall’Asta - dobbiamo ritrovare il coraggio di guardare all’oggi. Ogni aspetto problematico dell’esistenza sembra cancellato dall’inconsistenza dell’immagine, anche nel campo dell’arte sacra. Si dimentica che l’immagine è anzitutto testimonianza di fede, che si esprime attraverso forme e colori. Quindi è dono dello Spirito. Per annunciare il vangelo occorre essere figli del proprio tempo, vivere fino in fondo le contraddizioni dell’oggi perché la Parola possa portare frutto. Cristo si è incarnato nel suo tempo. Ed è tempo per l’arte di una nuova profezia, per indicare all’uomo nuovi orizzonti di senso. Per cambiare occorre coraggio e profonda fede nell’azione dello Spirito che agisce nell’oggi. E poi tanta, tanta umiltà».