Anno 133 - Settembre 2021Scopri di più
Non ci sono più le mezze stagioni
Don Livio Tonello, direttore
Non c’è frase più banale di questa, per quanto comune, per dire che le cose stanno cambiando. Pur essendo normale il cambiamento, ce ne sono alcuni definiti epocali. Tra questi il cambiamento climatico del quale tutti, nel nostro piccolo, ci accorgiamo. La giornata mondiale del creato del 1° settembre, alla quale la Conferenza episcopale italiana aderisce, ci invita a riflettere.
La questione ecologica non è un problema dei grandi della terra, ma tocca la responsabilità di ciascuno. Perché siamo arrivati a un punto di non ritorno! E le conseguenze sono già evidenti. Se ci sembra non esistano più le mezze stagioni, ugualmente possiamo dire che non bastino nemmeno le mezze misure.
Non è possibile tergiversare e rinviare gli interventi. «Ci attende una gradualità, che tuttavia necessita di scelte precise - dicono i vescovi italiani nel loro messaggio «ci impegniamo ad accompagnare e incoraggiare i cambiamenti necessari, a partire dal nostro sguardo contemplativo sulla creazione fino alle nostre scelte quotidiane di vita». I cristiani hanno delle motivazioni forti per interessarsi di questioni ecologiche.
Non sono pensieri avulsi dalla fede. Fin dall’inizio – dalla Genesi – abbiamo un mandato preciso di responsabilità nei confronti del creato: «...perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15). Il progresso non ha tenuto in debito conto questo compito. E oggi ci troviamo di fronte a emergenze planetarie che richiedono interventi congiunti. Di qui la necessità di abbandonare antiche logiche sbagliate, partendo dalla consapevolezza che la transizione richiede capacità di discernimento per capire quali scelte siano opportune.
Ci attende un periodo di importanti decisioni senza rimpiangere il passato pieno di contraddizioni e di ingiustizie, di sprechi e di scarti. Il cristianesimo invita a uno sguardo contemplativo sulla creazione, come “cosa buona”, punto di partenza per difendere la vita sulla terra. Anche solo guardando alle specie viventi, ci accorgiamo che la creatura umana è una parte infinitesimale. Le specie vegetali costituiscono l’85% degli esseri viventi (biomassa); gli animali (tra cui l’uomo) solo lo 0,3%.
La sproporzione è immensa e dovremmo imparare proprio dalle piante a una maggiore sinergia, collaborazione, resilienza, cose tutte che hanno permesso loro di diffondersi a tutte le latitudini in una varietà così differenziata. Abitiamo la stagione della transizione, tra mentalità vecchie che mettono in contrapposizione salute, economia, lavoro, ambiente e cultura, e nuove possibilità di tenere connessi questi valori, come anche l’etica della vita e l’etica sociale.
Sant’Antonio sul noce ci ricorda sempre la stretta relazione del beneficio alla vita umana che ne viene da quella naturale; ci raffigura un godimento di ciò che ci circonda che permette di esistere bene. Ma ora, senza mezzi termini, dobbiamo essere noi a difendere e preservare il mondo per continuare a esistere. Il 13 maggio di quest’anno l’Italia ha già esaurito le risorse a disposizione per il 2021 (il 29 luglio a livello mondiale) per permettere a tutti una sussistenza dignitosa.
Per arrivare alla fine dell’anno, mantenendo i nostri ritmi di consumo, servirebbero le risorse di circa 2,7 Terre. Il grido della terra e il grido dei poveri ci interpellano. Altro che mezze stagioni...