Anno 134 - Luglio-Agosto 2022Scopri di più
Oratorio di San Giorgio
Alfredo Pescante
L’oratorio di San Giorgio, cappella gentilizia funeraria dei Lupi di Soragna, funzionari e condottieri delle truppe dei Carraresi, occupa, a destra della Basilica, un lembo del sagrato una volta destinato a cimitero. Il “tempietto”, come lo definisce Michele Savonarola nel 1445, è un capolavoro d’arte del secondo Trecento, pittoricamente realizzato tra il 1° dicembre 1379 e il 30 maggio 1383 dal veronese Altichiero da Zevio, che ne fornì anche il progetto architettonico.
Questi, afferma Gianluigi Colalucci restauratore del ciclo (1995-1997) con una qualificata equipe giunta a un eccellente risultato, s’è servito della mano di vari aiutanti e di almeno sei pittori d’alta qualità, tra cui Jacopo da Verona, alcuni recuperati in Toscana. A loro va riconosciuta, sotto la costante sorveglianza del da Zevio che eseguiva le scene e i particolari più impegnativi, la realizzazione su pareti e soffitto dei mirabili affreschi (ventidue di gran formato e un centinaio di più piccoli) a completare l’iter artistico intrapreso settant’anni prima da Giotto.
Il Savonarola, sbalordito, dice: «Tutto l’edificio è ornato in modo talmente singolare e diletta così tanto gli occhi degli uomini che se uno vi entra, non ne uscirebbe più». Perché tanta piacevolezza? Per i numerosi racconti evangelici e dei santi, cari ai Soragna, impalcati sulla Padova carrarese d’allora, mediante una vivace e ricca cromia dei dipinti, accresciuta attraverso accostamenti di gran gusto, creando raffinati colori ottenuti attraverso una sapiente unione di pigmenti che dan luogo a tonalità e cangiantismi di gran raffinatezza.
L’apparato pittorico girava attorno al monumento marmoreo, al centro dell’oratorio, di cui rimane solo l’arca contenente i resti di Raimondino Lupi, non l’intero arredo scultoreo che quasi toccava il soffitto, a esaltare la nobile famiglia dei Soragna che conobbero il Petrarca, suggeritore delle storie e quivi effigiato. Ove Altichiero si spinge più in là di Giotto? Nella possanza costruttiva, mediante la descrizione di più compìti paesaggi, di splendide case e palazzi richiamanti architetture patavine, nella varietà dei colori di gradevole stesura e nella “forza” narrativa a presentare gesta e martirio dei santi Giorgio, Caterina, Lucia.