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Pagò con la vita la difesa della Chiesa

suor Marzia Ceschia

Thomas Becket

«È preferibile obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, a un padre piuttosto che a un padrone», affermava il vescovo di Canterbury Thomas Becket, santo vescovo e martire, la cui memoria liturgica ricorre il 29 dicembre, giorno della sua morte.

Nato in una famiglia normanna di mercanti nel 1118, fin da giovane è avviato alla carriera ecclesiastica. Di intelligenza brillante, compie i suoi studi presso l’abbazia di Merton, in Francia e infine all’università di Bologna. Nel 1154 diventa arcidiacono della diocesi di Canterbury, l’anno successivo è nominato cancelliere del regno dal re d’Inghilterra Enrico II. Ne diviene consigliere e amministratore fidato, godendo di una posizione ricca di onore e privilegi. Nel 1161 è ordinato prete e nel 1162 è consacrato vescovo di Canterbury. Rinuncia allora al cancellierato, cambiando completamente stile di vita, adottando abitudini monastiche e occupandosi con attenzione dei poveri.

Soprattutto si applica con determinazione a difendere gli interessi e la libertà della Chiesa, rifiutando a esempio di attenersi alle Costituzioni di Clarendon che limitavano fortemente l’autonomia ecclesiastica nei confronti della corona. Questo cambio di prospettiva gli inimica il re, tanto da dover fuggire per un mandato di arresto emanato nei suoi confronti. Nel novembre 1164 è costretto a lasciare l’Inghilterra per rifugiarsi in Francia. Dopo vari tentativi falliti di arrivare a una riconciliazione con re Enrico, il conflitto raggiunge il suo apice nel 1170. Il re stabilisce che il figlio Enrico il Giovane sia incoronato dall’arcivescovo di York, ostile a Becket. Quest’ultimo, cui spettava di diritto l’incoronazione, manda lettere ai vescovi di Inghilterra vietando loro di prendere parte alla cerimonia che comunque si tiene a Westminster. Quando Thomas, dopo alcuni anni, torna in Inghilterra è accolto con gioia dai fedeli, ma l’ostilità del re non si è placata. Molto citata, seppure probabilmente apocrifa, è una frase di Enrico II: «Non ci sarà nessuno che mi liberi da questo prete turbolento?». Sono quattro cavalieri a realizzare il suo auspicio: partono da Londra e uccidono a colpi di spada Becket nella cattedrale di Canterbury, durante gli uffici divini, il 29 dicembre 1170. Egli rifiuta di difendersi, pronunciando le sue ultime parole «Sono pronto a morire per il nome di Gesù e la difesa della Chiesa».

L’assassinio (nella foto: Il Martirio di san Tommaso Becket, 1424, Maestro Francke, collezione Kunsthalle Amburgo, Germania) suscitò una tale emozione che da subito la cattedrale di Canterbury divenne meta di numerosi pellegrinaggi, cui alludono anche i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. A questa vicenda, inoltre, lo scrittore inglese Thomas Stearns Eliot ispirò il suo dramma Assassinio nella cattedrale. Becket assurse a simbolo della resistenza cattolica all’assolutismo politico.

Dopo l’assassinio, la fama della santità di Tommaso si diffuse rapidamente, i miracoli si moltiplicarono, la tomba del martire divenne meta di frequenti pellegrinaggi e papa Alessandro III lo canonizzò a poco più di due anni dalla sua morte, mentre Enrico II fece pubblica penitenza. La venerazione del santo martire ebbe un’immediata diffusione in tutta Europa, cosa che fa di Becket un santo europeo. Quattro secoli dopo, nel 1532, Enrico VIII (1491-1547) proclama lo scisma da Roma, fa distruggere la tomba di Becket e disperdere le sue ossa. Si salva la tunica insanguinata, da secoli conservata a Roma in Santa Maria Maggiore. Vittime del nuovo assolutismo reale sono John Fisher (1469-1535) – arcivescovo e cardinale, fatto decapitare con l’accusa di lesa maestà da Enrico VIII per l’opposizione all’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona – e Thomas More (1478-1535), umanista e lord cancelliere di Enrico VIII che lo fa uccidere nella Torre di Londra. Fisher e More sono canonizzati da Pio XI nel 1935.