Anno 132 - Ottobre 2020Scopri di più
Pensavo fosse chinotto
Elide Siviero
Amo molto la bevanda al chinotto: la trovo particolare, con quel sapore dolce/agrumato che vira nell’amarognolo, lasciando la bocca fresca. Il chinotto, infatti, è una bibita analcolica prodotta con estratto del frutto di Citrus myrtifolia, che noi chiamiamo appunto chinotto, e altri estratti aromatici vegetali. Ieri, incuriosita, ho voluto leggere gli ingredienti di ciò che stavo sorseggiando: «Acqua, zucchero, aromi, estratto di chinotto 0,05%». 0,05% di chinotto?
Sono rimasta sbalordita. Ho scoperto che una bevanda può venire etichettata come chinotto, anche se non contiene un solo atomo di chinotto vero. Basta che ci sia scritto “aromi” sulla confezione e tutto va bene: chimicamente hanno fatto il miracolo di ricreare il sapore del chinotto. Le bibite a base di frutta, in Italia, devono contenere almeno il 12% di succo del frutto in questione, ma proprio il chinotto, insieme al cedro (ritenuti frutti non a succo), fa eccezione. Molto spesso le aziende utilizzano nelle proprie bevande soltanto aromi. Il decreto che norma queste quantità è piuttosto vago: «Le bibite analcoliche vendute con il nome di un frutto non a succo, compreso il cedro e il chinotto […] devono essere preparate con sostanze provenienti dal frutto o dalla pianta di cui alla denominazione di vendita.
Per queste bibite è consentita l’aggiunta di succhi di frutta e di sostanze aromatizzanti naturali diverse dal frutto e dalla pianta di cui alla denominazione». Ho provato a guardare in Internet e sul chinotto vengono fuori pagine terrificanti, che affermano che il chinotto è solo una bevanda terribilmente zuccherata, piena di coloranti, aromi chimici e spesso non ha neanche una goccia di vero chinotto; la sua unica prerogativa è quella di essere delicatamente amara. Sono rimasta davvero sorpresa da questa scoperta. Ma ho cominciato a riflettere su tutte quelle cose che crediamo genuine e invece sono false, o ridotte a piccoli estratti. Tutto sommato, noi trattiamo spesso così proprio il Vangelo, la Liturgia, la nostra fede. Ci basta una lieve infarinatura di cristianesimo per sentirci a posto. Abbiamo ridotto il Vangelo a qualche pagina che ci conforta, a uno spot pubblicitario, ma quanti cristiani ne hanno letto almeno uno per intero?
E quanti cristiani sono consapevoli del Mistero pasquale che si celebra nella Liturgia, e non si accontentano invece di sbrigare il più velocemente possibile il “precetto domenicale”? E quanti conoscono la gravità di alcune scelte, come la convivenza more uxorio, cioè quella che sostituisce il sacramento del Matrimonio, propinata tranquillamente dal mondo come legittima, moderna e rispettosa della libertà del singolo? E così via, in una teoria di finto “credo” che vacillerà alla prima difficoltà, perché evanescente e inconsistente, senza contenuti, annacquato nelle idee mondane.
Eccolo là il nostro chinotto della fede: pensiamo di credere, ma ci stiamo sorbendo una bevanda ingannevole, che ci illude di essere cristiani, mentre invece rovina la nostra salute spirituale con aromi che non hanno certo il contenuto del Vangelo.