Anno 135 - Marzo 2023Scopri di più
Rallegrati piena di grazia!
Alfredo Pescante
Abbondano (quindici) nella Basilica Antoniana le rappresentazioni della “Annunciazione di Maria”, tema caro al nostro Santo da lui trattato in due Sermoni, il primo nei “Domenicali mariani”, il secondo nei “Festivi”. Ne scegliamo una, di piccole dimensioni, che sfugge ai più nel visitare la cappella della “Madonna Mora” perché collocata in alto, sul ricco baldacchino gotico dalle colonne in marmo e statue in pietra arenaria, che dà ricetto alla “Mater Dei”, scolpita in pietra colorata (1396) da Rinaldino di Francia.
La difficoltà a individuarla era più netta fino al novembre 2010, momento in cui è terminato il restauro di Lisi Tordini che, con aiuti, ha asportato il color nero dai volti, dalle mani, dai capelli di Maria e dell’arcangelo Gabriele, ambedue all’interno di due variopinti pinnacoli. Ora squilla d’un dolce azzurro il manto dai lembi dorati indossato dalla Vergine, ornato da stelle d’oro a sei punte, presenti pure nelle cupolette al di sopra del capo di Gabriele e di Maria con eccezione, qui, d’una a otto punte.
Vivace il colore della tunica rossa da cui spunta una luminosa cintura. Non più neri ma castano-chiari i capelli. A sinistra Gabriele, dalle lunghe ali d’oro e dal manto rosa (ex-azzurro) con fiorellini a quattro petali, inginocchiato, stringe con la sinistra un giglio proferendo il messaggio: «Rallegrati piena di grazia: il Signore è con te! Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù».
La Vergine, seduta su un rosso cuscino, pare turbata: abbassato lo sguardo, mano destra al cuore, sinistra a reggere il libro della sacra Scrittura. Ella ascolta le parole dell’Angelo, poi risponde: «Ecco l’ancella del Signore!». Il nome dello scultore di quest’Annunciazione? Di certo sono da chiamare in causa gli aiuti di Rinaldino, autore della “Madonna Mora”! «Il Francese, a Padova, – commenta Wolfang Wolters – sconcerta nel divario tra quest’opera e le prime nella cappella di San Giacomo (1379)».
Formatosi in Lombardia, ove studiò Bonino da Campione, l’artista s’affinò con l’esperienza di Orvieto (1389), lavorandovi da capo-mastro nel duomo e visitando Firenze. Qui ammiriamo il profondo mutamento che realizzò col gotico.