Anno 132 - Gennaio 2020Scopri di più
Tra il vuoto e la mèta: un continuo inizio
Germano Bertin
C’è un momento, capita prima o poi, capita a tutti, il momento in cui ci troviamo a vivere, dentro a una solitudine estrema e lacerante, l’ineluttabilità della separazione. Accade, di solito, quando siamo costretti a lasciare, per un tempo lungo, magari lunghissimo, talora per sempre, la mano di una persona cara che se ne parte per un viaggio o per andare a vivere in un altro paese o per andarsene via da noi per mille altri motivi. Accade di fronte a una scelta, interna, talora intima, che ci costringe a un distacco definitivo: qualche volta a causa di noi stessi; altre volte perché l’altro ha capito, e ha deciso, di chiudere definitivamente una porta, una possibilità. E quell’istante diventa incredibilmente eterno. Tutto si ferma. E anche se gli occhi rimangono aperti e gli orecchi non si chiudono, inspiegabilmente è come se non vedessimo piú nulla intorno e il silenzio piú assoluto invadesse ogni stanza, persino quella piú interna e sconosciuta, talora, proprio a noi stessi. In quell’istante, allo stesso tempo, tutto diventa improvvisamente chiaro, cristallino, e definitivo. E ci si rende conto di tenere in mano un biglietto di “sola andata”. E sembra di essere, di diventare, un funambolo: e…
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