Anno 135 - Ottobre 2023Scopri di più
Trentuno passi con Maria
suor Anna Maria Borghi
«Dice Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi: al tuo cospetto si liquefarebbero i monti” (Is 64,1). Al suo cospetto, cioè alla presenza dell’umanità di Cristo, i monti, vale a dire i superbi, si dileguano, e vengono meno in se stessi quando considerano il capo della divinità reclinato nel grembo della Vergine Maria» (dai Sermoni di sant’Antonio). Ci lasciamo suggestionare da questa immagine di profonda tenerezza di un bimbo in braccio a sua madre, alla cui presenza però addirittura si sciolgono i monti, come se fosse una sorta di passo d’ingresso al mese mariano (ottobre) che la devozione popolare ci tramanda da secoli.
In un passaggio antecedente a questa immagine, a partire dall’invito del Signore rivolto ad Abramo, sant’Antonio scrive: «“Va’ in una terra che io ti indicherò” (Gn 12,1). Questa terra è l’umanità di Gesù Cristo, della quale il Signore dice a Mosè: “Slegati i calzari dai piedi, perché la terra sulla quale stai è terra santa” (Es 3,5). I calzari sono le opere morte, che tu devi sciogliere, cioè togliere dai piedi, vale a dire dagli affetti della tua mente, perché la terra, cioè l’umanità di Cristo, nella quale stai per mezzo della fede, è santa e santifica te peccatore. Va’ dunque, o superbo, in quella terra, considera l’umanità di Cristo, osserva la sua umiltà e distruggi l’orgoglio del tuo cuore. Cammina con i passi dell’amore, avvicinati con l’umiltà del cuore». 31 giorni come 31 passi possibili nell’umanità di Gesù, ultima destinazione di ogni uomo, autentica terra promessa fin da Abramo!
Che cosa sono in fondo i “misteri” del Rosario se non una soglia di ingresso sull’unico mistero dell’umanità di Gesù, a sua volta apertura spalancata – “squarciata” se volessimo usare le parole del Profeta Isaia – su Dio! Ogni enunciazione dei diversi “misteri” si presenta come il punto prospettico dal quale contemplare e lasciarsi raggiungere dalla vicenda di Gesù, come uno zoom su un particolare per godere dell’intero evento che ci dà salvezza! La ripetizione della decina di Ave Maria è in fondo una dinamica che propizia il “ritornare più volte”, il “sostare”, il “concedersi tempo” per rimanere in quel “mistero”: non uno sguardo frettoloso, bensì come un ruminare che consenta di assaporare lentamente quanto dischiuso da ciò che è enunciato.
E in questo dinamismo non siamo soli: la Vergine ci introduce e accompagna, come se volesse suggerire lei stessa la prospettiva da cui disporsi all’umanità del Figlio, quella cioè della discepola. Anche lei infatti ha imparato a essere madre dall’essere discepola, come emerge chiaramente quando Gesù sembra non “trattarla con i guanti” alla richiesta di vederlo e replica: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). Gesù così vuole darci una buona notizia: non è il legame di sangue, molto esclusivo e quindi escludente, ma l’essere generati dalla Parola ascoltata e messa in pratica che ci rende a Lui vicini, prossimi, familiari! Ciascuno di noi è incluso nell’intimità della madre, può addirittura sperimentarne la sua stessa intimità con il Figlio. Possiamo allora disporci a vivere questo mese come un itinerario nell’umanità di Gesù, dischiusa dall’ascolto della Sua Parola, che ci conduca alla terra promessa della vita in comunione con il Signore.
Ancora una volta ci lasciamo ulteriormente illuminare dalle parole di sant’Antonio, ben consapevole di quanto sia arduo ed esposto ai pericoli il nostro progredire: «Osserva che l’angelo non disse: Ave, Maria! Ma: Ave, piena di grazia! Noi invece diciamo: Ave, Maria! Cioè “stella del mare”, perché siamo ancora in mezzo al mare, siamo sbattuti dai flutti, sommersi dalla tempesta, e perciò gridiamo: Stella del mare! Per arrivare con il suo aiuto al porto della salvezza. È lei che salva dalla tempesta coloro che la invocano, che mostra la via, che guida al porto. Invece gli angeli non hanno bisogno di essere salvati dal naufragio, perché sono già al sicuro nella patria: lo splendore di Dio li illumina e la loro lampada è l’Agnello (cf. Ap 21,23). E quindi l’angelo non dice: Ave, Maria! Noi miseri, invece, gettati in mare, lontani dallo sguardo degli occhi di Dio, sbattuti a ogni istante dalle tempeste, posti ai confini della morte, imploriamo a ogni istante: Ave, Maria!». La sua protezione sostenga i nostri passi!