Anno 135 - Aprile 2023Scopri di più
Un vuoto che non fa paura
Don Livio Tonello, direttore
Stare sul bordo di un precipizio fa venire le vertigini. Molti ne soffrono perché hanno paura del vuoto, anche da piccole altezze. Ci sono altri vuoti ugualmente problematici: quello della memoria, quello interiore, quello psicologico, quello cosmico… Come possiamo interpretare il vuoto del sepolcro pasquale? Da una parte ci ricorda una assenza: «hanno portato via il mio Signore» risponde la Maddalena agli angeli seduti accanto alla tomba. Dall’altra, gli stessi suggeriscono alle donne di «non cercare tra i morti colui che è vivo».
Nella filosofia orientale il vuoto non è negativo: è spazio nel quale si può inserire qualcosa, è un “vuoto riempibile”. Così i cabalisti ebraici pensavano alla creazione del mondo come una “autolimitazione” di Dio che si “ritrae” per lasciare spazio alle cose. Il termine usato è zimtzum. I cristiani di fronte al sepolcro vuoto non dovrebbero pensare alla morte, bensì alla vita. Proprio perché il Signore è risuscitato quella tomba è rimasta vuota. Bende e fasce sono di una persona che ha lasciato quel luogo di morte per tornare a vivere.
Si tratta di un vuoto carico di speranza, foriero di una realtà nuova, anticipazione della sorte di tutti i morienti. Oggi ci fanno paura il silenzio (assenza di suoni), la solitudine (assenza di persone), la povertà (penuria di beni), tutto ciò che sa di carenza e di scarsità. Ma l’angoscia arriva perché lo spazio lasciato vuoto dalle persone e dalle cose non si riempie con ciò che può dare sapore al tutto. Il Risorto è tale per essere con noi sempre e ovunque. La sua presenza riempie i vuoti delle nostre stanze, ricopre di sicurezza i nostri passi, accompagna le vicende umane.
La società di oggi si circonda di “cose” per non sentire la pesantezza di un vuoto esistenziale che emerge nonostante mille voci e suoni, mille contatti e messaggi, mille volti e sorrisi. Le mirrofore al sepolcro non sono rimaste a guardare un buco vuoto con occhi stupiti. Sono tornate sui loro passi per dire che una nuova vita riempiva il mondo; una luce nuova risplendeva; un mattino radioso era spuntato. È quello che dovremmo continuare a fare anche oggi, noi cristiani, di fronte all’oscurità che avvolge l’umanità per tutte le tragedie che la attraversano.
La mancanza di speranza arriva dal vuoto che Dio lascia quando viene escluso dalle leggi, dai discorsi, dai progetti. Solo apparentemente l’assenza è colmata dalla tecnica, dalla scienza, dal sapere. Perché se nell’animo non c’è Lui, avremo l’impressione che ci manchi sempre qualcosa, di non sentirci appagati, di non trovare il senso del nostro abitare questo mondo. La vertigine dell’arroganza e della superbia umana porta sul ciglio di un precipizio. Qui sì che la paura è reale perché non si vede il fondo. La risurrezione del Signore tolga ogni dubbio sulla sua “presunta assenza” da questo mondo.