Da febbraio 2020 si sono registrati oltre 4 milioni 234 mila contagi e oltre 126 mila decessi legati alla pandemia da Sars-CoV-2, divenuta in 15 mesi seconda causa di morte dopo i tumori e prima delle cardiopatie ischemiche. Il totale dei decessi verificatisi nel 2020 è di oltre 746 mila: un numero decisamente elevato osservando lo storico dell’ultimo decennio, con un incremento di oltre 101 mila decessi rispetto all’anno precedente che ha comportato una sensibile riduzione della speranza di vita della popolazione italiana.
E’ quanto emerge dal Rapporto Osservasalute 2020. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane, presentato questa mattina, per il secondo anno consecutivo in remoto. Il Rapporto, giunto alla XVIII edizione e curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica presso il campus di Roma, fornisce annualmente i risultati del check-up della devolution in sanità, ma per la seconda volta offre anche quest’anno un focus sulla pandemia.
Il Covid-19 ha bruciato in poco più di un anno l’aspettativa di vita alla nascita guadagnata negli ultimi 10 anni. A livello nazionale la variazione tra il 2019 e il 2020 di questo indicatore è stata pari a -1,4 anni per gli uomini e -1,0 anni per le donne. L’analisi della mortalità da Covid evidenzia che Valle d’Aosta (246,1 decessi per 100 mila abitanti) e Lombardia (208,6 per 100 mila) hanno sperimentato una mortalità più che doppia rispetto alla media nazionale (103,9 per 100 mila).
Ma la pandemia ha inoltre concorso al peggioramento delle condizioni di salute di persone “fragili” come dimostra l’aumento, rispetto alla media 2015-2019, di altre cause di morte, quali demenze (+49%), cardiopatie ipertensive (+40,2%) e diabete (+40,7%).
Contagi e differenze tra regioni. Nella gestione dei contagiati le regioni hanno adottato comportamenti diversi. Lazio e Sicilia, due regioni con prevalenza di contagi più bassa rispetto alla media, hanno fatto più ricorso all’ospedalizzazione; al contrario il Veneto, una delle zone maggiormente colpite, ha gestito più di ogni altra i pazienti a domicilio.
Campagna vaccinale. La campagna di vaccinazione ha scontato ritardi dovuti alla disponibilità delle dosi dei vaccini; fino al 7 giugno 2021 sono state somministrate oltre 38 milioni di dosi; 13 milioni le persone vaccinate, delle quali il 21% ha completato il ciclo vaccinale. Complessivamente buone le performance regionali rispetto alla percentuale di somministrazione dei vaccini in relazione alle dosi disponibili: quasi il 91% a livello nazionale.
Umbria, Lombardia e Marche con il 93% le regioni più virtuose; Sardegna (84%), Provincia autonoma di Trento, Lazio e Valle d’Aosta (88%) quelle con la quota più bassa. Covid ed economia, impatto “devastante”. “Nel 2020 il Pil è diminuito del 5,1% rispetto al 2019”, si legge ancora nel report. Più duramente colpiti i settori legati al turismo e alla cultura che hanno subito una riduzione del 19% rispetto all’anno precedente.
“Nel nostro Paese, il Ssn ha mostrato tutti i suoi limiti, vittima della violenza della pandemia, ma anche delle scelte del passato che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa”, afferma Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane e professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica secondo il quale “la fragilità del sistema apparsa in tutta la sua drammaticità” dimostra che “si deve tornare a investire nella ricerca, perché l’innovazione tecnologica porta esternalità positive in tutti i settori, anche nell’economia”.
Positivo l’aumento delle risorse economiche a disposizione del Ssn. Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2021 cui concorre lo Stato è stato infatti portato a 121 miliardi di euro. La legge di bilancio 2021 ha stabilito che tale finanziamento sarà incrementato di 823 milioni per l’anno 2022, di 527 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025. e di 418 milioni annui a decorrere dal 2026.
Per il direttore scientifico dell’Osservatorio Alessandro Solipaca, conclusa l’emergenza “si dovranno analizzare i motivi della disomogeneità tra le performance delle regioni nella gestione della pandemia, tentando di trarne insegnamenti utili per migliorare il nostro Ssn”, ma “un altro monito per il futuro” nasce dalla contrapposizione scienziati-politici che “ha limitato l’efficacia delle azioni di contrasto”, disorientando i cittadini che, “spesso non collaborativi con le misure suggerite dagli esperti, hanno contribuito ad una maggiore diffusione del virus”.
Concordi i due esperti sull’importanza dell’assistenza sul territorio come “prima linea di difesa del Ssn”, riconosciuta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Giovanna Pasqualin Traversa
Agensir