Un “credente nell’umanità”, un “pacifista radicale e concreto”. Soprattutto un “uomo che aveva una grande passione per la vita”. Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità di Milano, è stato per lunghi anni amico di Gino Strada, con il quale ha condiviso tanto impegno sul versante della solidarietà, dei diritti umani, dell’attenzione agli ultimi. Al Sir confida di un pomeriggio, con una discussione accesa, quando Strada avrebbe voluto tornare per l’ennesima volta in Afghanistan mentre la moglie Teresa, con la quale aveva fondato Emergency, faceva presente alcuni gravi rischi. “Ma lui non conosceva né accettava alibi, aveva solo in mente che alla gente provata dalla guerra occorressero cure mediche. Non fu possibile fargli cambiare idea”.
La sua figura è stata tante volte dirompente, spesso scomoda.
Il pacifismo, il servizio agli ultimi, il no alla violenza di frequente risultano scomodi. Egli stava dalla parte dei migranti, di chi subisce le vergognose ferite inferte dalle bombe e dal traffico d’armi, di chi è vittima di ingiustizie. Era aspro e tranchant in queste sue denunce, non usava mezzi termini. Veniva da una scuola di impegno, di volontariato, sin dagli anni giovanili, dal ’68, in cui si voleva cambiare il mondo. La sua presenza non era “neutra”: basti pensare a come si era ultimamente schierato a favore dei vaccini anti-Covid.
Attorno a sé il fondatore di Emergency ha avuto molti giovani. Quale messaggio lascia alle nuove generazioni?
Una testimonianza vissuta di impegno, di dedizione e generosità, uno stare dentro la realtà impegnandosi, laddove occorre, per cambiarla. Sottolineo in particolare la sua idea di volontariato: il quale non dev’essere “altro” rispetto alla propria esistenza, al proprio mestiere. No, come ho già detto, nel volontariato occorre riversare se stessi, mettendo a frutto la propria professionalità, le proprie migliori capacità. Ecco perché anche sotto il profilo medico voleva ospedali belli, efficienti, con dottori capaci di curare le persone avendo a cuore le sorti degli stessi pazienti. La professionalità deve stare dentro il volontariato. Gino ci ricorderà sempre anche questo.
Gianni Borsa
Agensir