Mimmo viene da Pozzuoli (Napoli). Ha 42 anni, sposato con 2 figli, di 3 e 9 anni. Un primo contratto di collaborazione nel 2010 poi dal 2014 un part time a tempo determinato. Un’opportunità scoperta per caso, indicata da un insegnante di legatoria e restauro dei libri. Un corso al Centro Hurtado. «Io e mia moglie siamo laureati in restauro dei beni culturali.
Eravamo interessati a questo ambito, avendo una buona manualità - spiega – Facciamo in modo che i testi tornino a essere fruibili. Sono libri moderni, dal ’700 in poi». Il lavoro inizia da un libro rotto. «Si valuta il da farsi - afferma Mimmo - viene smontato nella vecchia cucitura, riparate le carte con carta giapponese, poi ricucito a mano, recuperate le sezioni originali e messe in uso. Studiamo poi grafica e materiali per realizzare agende, diari, porta penne, cornici.
Mi dà la possibilità di guadagnare e portare avanti la famiglia. Un impiego un po’ passato di moda, ma che a me piace tanto e decisamente creativo. Lavorare al Centro Hurtado mi ha poi permesso di scoprire Scampia (Napoli), le persone che vi abitano, il progetto dei gesuiti, ambiti che non conoscevo. Ho incontrato persone con diversi disagi. Abbiamo realizzato insieme progetti per il recupero dei detenuti e il loro reinserimento nella società.
Esperienze davvero arricchenti e significative». Viene invece da Marianella, vicino Scampia, Carmen, 53 anni. «Sono separata con 2 figli di 23 e 27 anni. Da tre lavoro al Centro Hurtado. Facevo un percorso con una psichiatra e lei mi ha segnalato questa possibilità di inserimento lavorativo. È stata una crescita grande a livello psicologico, in particolare grazie al dialogo con le colleghe. Sono qui come aiuto sarta.
Vengo due volte alla settimana. Realizziamo borse e altri prodotti. Mi occupo dello stiraggio, della confezione e delle cuciture lineari. Per me è vita! - sottolinea - Lavorare in questo ambiente è bello. Vengo a conoscenza di situazioni difficili, ragazze in tirocinio con tante ferite, ma nei loro sguardi vedo impegno e speranza contagiosa. In sartoria ho incontrato persone accolte per misure alternative al carcere. Impariamo a crescere insieme, un aiuto vicendevole. Sento il loro desiderio di volersi ricollocare e questa forza aiuta anche me.
Da quando sono qui mi sento più completa». Immacolata, detta Titti, ha 50 anni, 2 figlie di 23 e 26 anni, laureande. Il marito è operaio edile. «Ho ora un’altra bimba di cui occuparmi: è mia mamma oramai in età. Lavoro al Centro dal 2013 in sartoria. Realizziamo articoli per la cucina, il bagno, borse, tovagliato, sia per il nostro brand sia su commissione. Siamo alle prese in questi giorni con una consegna per una onlus che cura progetti in Africa.
Sono quasi 40 anni che abito a Scampia. Non avevo idea di queste realtà sociali. Lavoravo con una delle mie colleghe in nero in una fabbrica, un lavoro insostenibile. Poi tramite lei sono arrivata qui. Mi ha arricchito a livello sociale, culturale, intellettivo. Lavorare diventa momento di creatività e confronto, mi ha aiutato ad esprimermi. Non credevo di poter avere a che fare con persone in difficoltà. Mi sono trovata ad immergermi in questo mondo e crescere insieme». Mimmo, Carmen, Immacolata sono 3 dei 10 impiegati che lavorano nel Centro dei gesuiti.
La loro presenza nel quartiere risale agli anni ’80: l’attività pastorale, marcata da subito da una forte sensibilità sociale. La ricerca di opportunità culturali e lavorative per innescare un cambiamento nel territorio in sinergia con altre associazioni e le istituzioni. Nel 2001 padre Fabrizio Valletti giunge a Scampia con la missione di sperimentare nello specifico un incontro fra azione religiosa, formazione culturale e promozione sociale. Nello stesso periodo il comune di Napoli bandisce un progetto per la nascita di un polo artigianale a Scampia.
L’incontro permette di dare una sede concreta all’intuizione di un Centro di formazione culturale e professionale intitolato ad Alberto Hurtado, gesuita cileno impegnato in attività di promozione culturale, sociale e religiosa nella periferia di Santiago del Cile. Il Centro vero e proprio nasce così nel 2005. Tre le aree in cui oggi è articolato: un’associazione di volontariato “A.Qua.S” (Associazione Animazione Quartiere Scampia), che opera in ambito preventivo del disagio, a sostegno della formazione e della crescita culturale delle fasce più bisognose del quartiere, con l’organizzazione di doposcuola e sostegno scolastico, assistenza alle famiglie, laboratori di musica, cineforum, attività svolte presso la Biblioteca Le nuvole, che ha sede al Centro, come il prestito, il “Caffè letterario” per gli adulti e il laboratorio “Giocare leggendo” per bambini.
Un ente di formazione professionale “I.P.A.M.” (Istituto Pontano delle Arti e dei Mestieri) accreditato presso la regione Campania, per il recupero della dispersione scolastica e l’inserimento nel mondo del lavoro, ed infine la Cooperativa sociale “La roccia, Giovani di scampia onlus”, che ha sviluppato il marchio fatto@scampia. Dieci i dipendenti e numerosi i tirocinanti accolti per i corsi professionali di sartoria e abbigliamento.
Tra gli obiettivi futuri lo sviluppo dell’autonomia e della sostenibilità del progetto commerciale della Cooperativa, l’incremento dell’attività dell’Ente di formazione e la riorganizzazione e implementazione delle strutture e degli operatori. «Parlare di legalità, onestà, formazione e lavoro in un contesto nel quale la cultura prevalente riguardo al lavoro è quella del sommerso, è certamente una sfida» ricordava p. Valletti.
Una sfida che il Centro Alberto Hurtado ha accolto con coraggio, per contribuire alla riqualificazione del quartiere, partendo dallo sviluppo delle potenzialità, delle competenze, delle abilità di coloro che rappresentano il presente e il futuro di Scampia. «La popolazione di oltre 65 mila persone è spesso descritta dalle produzioni cinematografiche in modo settoriale - spiega Graziano Calci, attuale responsabile - Raccontare solo il negativo, non è dare merito alla verità.
La vita attiva della gente normale non fa notizia. Vogliamo contribuire a cambiare questa narrazione, offrire la possibilità di sguardi nuovi, ideare percorsi per contrastare l’abbandono scolastico e, grazie anche ad una rete di professionisti volontari, accompagnare nel mondo del lavoro tanti giovani, offrendo loro una formazione integrale, perché ognuno possa esprimere e maturare il meglio di sé».
Laura Galimberti