In un mondo che tende a costruire muri, anziché ponti, che ha paura dell’altro anziché voglia di incontrarlo e di conoscerlo; in una società che troppo spesso presenta i giovani come passivi, svogliati e incapaci di prendere decisioni, padre Giusppe Crea manda un forte messaggio di speranza. Parole che illuminano il quotidiano e che ci spingono a farci missione, ad essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.
In occasione della Giornata Missionaria Mondiale, del 20 ottobre, padre Crea ricorda la sua esperienza missionaria a contatto con i giovani di Kampala (Uganda) e di Isiro, nel nord del Congo. “La missione – sottolinea – mi ha permesso di sperimentare la gioia di annunciare il Vangelo in collaborazione con le chiese locali. La cosa più bella che quegli anni mi hanno lasciato è il poter lavorare non per le persone, ma con le persone”.
Una ricerca sui giovani e la missione
Un recente studio condotto su un gruppo di 113 giovani, sensibili ai temi della missione e del volontariato, mette in luce le risorse preziose che le nuove generazioni possono apportare al mondo della missione. Dai risultati della ricerca emerge chiaramente che i ragazzi sicuri della propria vocazione interiore sono capaci di guardare al futuro con speranza proprio perché convinti che la vita valga la pena di essere vissuta. “L’aspetto più importante che emerge da questo studio - rivela padre Crea che ha dedicato tanta sua attività proprio ai giovani del mondo - è che i giovani sono in realtà molto diversi dalle convinzioni sociali che la società ha su di loro”. Spesso guardiamo alle nuove generazioni solo in termini di noia, di aggressività, di disagio psico-emotivo o di incapacità nel prendere decisioni. “Quando i giovani esprimono il loro essere aperti al futuro, sono capaci di comportamenti imprevedibili e straordinari”. Sono gli “angeli del fango” ai tempi dell’alluvione di Genova, i ragazzi impegnati tra i senzatetto e gli emarginati, quelli che partono per progetti di volontariato in Africa. Proprio quei ragazzi che non si tirano indietro quando c’è da rimboccarsi le maniche.
Mondi missionari della porta accanto
“Ai giovani dico: ascoltate voi stessi e non perdete mai di vista i vostri desideri, i vostri sogni, impegnandovi con tutte le vostre forze nel realizzarli”. Per padre Crea, il messaggio più bello che la Giornata Missionaria Mondiale vuole trasmettere è la necessità di liberare il potenziale insito in ogni ragazzo. Cercare risorse, situazioni, luoghi ecclesiali in cui questa ricchezza possa aiutare il prossimo concretamente e quotidianamente. Si tratta, usando le stesse parole del comboniano - di veri e propri “mondi missionari della porta accanto”, opportunità per vivere la missione a partire dai doni e dai talenti che ognuno di noi scopre di avere. “Ascoltare il proprio cuore spinge le persone ad uscire fuori, ad essere quella Chiesa in uscita che si concretizza nelle azioni, nei fatti, nell’entusiasmo e nel tempo dedicato al prossimo”.
La missionarietà e il mondo di oggi
“Dopo aver scoperto ciò che lo spinge a mettersi in movimento, il giovane va avanti, agisce, esce di casa, lascia la famiglia”, continua padre Crea. “Molte volte ci soffermiamo sui cervelli in fuga dall’Italia, ma questo fenomeno si spiega a partire dalla volontà di senso che il giovane nutre dentro di sé”. I ragazzi vogliono mettere a frutto, nel miglior modo possibile, i talenti che hanno ricevuto in dono, condividendoli con gli altri e non tenendoli al buio, custoditi in una gabbia dorata. Un modo di vedere il mondo assolutamente al passo con i tempi è quello che contraddistingue Padre Crea, che osserva come anche i nuovi mezzi di comunicazione, di cui i giovani sono i massimi esperti, possano divenire strumenti di missionarietà.
Giornata Missionaria Mondiale
“Le parole di Papa Francesco - commenta padre Crea – costituiscono una provocazione di fatto, un forte stimolo a un mondo che tende sempre più a chiudersi e a ripiegarsi su di sé”. Dall’altra parte del muro, spesso, c’è la paura di incontrare l’altro che in realtà desidera ascoltare l’annuncio del Vangelo. “Il Papa nel dirci ‘tu sei una missione’ ci indica qual è la vocazione profonda a cui ogni persona è chiamata: non a proteggersi dietro muri ma a costruire ponti”. C’è molta più gioia nel dare che nel restare chiusi in se stessi.
Chiara Colotti – Città del Vaticano