I bambini e la Parola

Guido ha 46 anni, una laurea a Roma e un dottorato a New York in Economia. Ha insegnato Economia Politica a Firenze e Bologna. Ora è gesuita, vive a Milano dove è impegnato soprattutto nell’apostolato giovanile, ed è responsabile di Villa Capriolo, una splendida struttura a Selva di Val Gardena, dove i gesuiti tengono corsi per adolescenti, giovani e famiglie. Ma da qualche anno dedica una mattina a settimana a raccontare ai bambini della scuola materna “le storie di Gesù”. Ogni mercoledì i piccoli - tra i 3 e i 6 anni - lo attendono con gioia nelle loro classi dell’Istituto Leone XIII a Milano.

Raccontare la Parola ai più piccoli. «Nel mio cammino di formazione, come gesuita - ci racconta - ero stato assegnato all’Istituto Massimo di Roma. Alla scuola dell’Infanzia mancava l’insegnante di religione. Vista la mia formazione accademica, stare con i bambini era fuori dalle mie aspettative. Ho scoperto in questo caso, come poi in altri, come la Provvidenza di Dio davvero passa attraverso i Superiori, per quanto a volte non sembri immediatamente comprensibile. Così ho iniziato questo servizio di annuncio della Parola ai più piccoli, prima a Roma, ora a Milano». «A loro racconto, drammatizzando un po’, le storie della Bibbia e in particolare del Vangelo. Racconti scritti e in qualche modo ancora da scrivere, da compiere nel momento in cui si crede alla Parola e si vive la fede. Racconti aperti». Tantissime le affinità con la dinamica degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, essenzialmente narrativa e strutturata secondo un “racconto” di quattro settimane. «All’esercitante viene proposto un itinerario - ci spiega p. Guido -che è un racconto della propria storia con Dio. Contemplando l’amore e lo stile di Gesù, si invita chi vive gli Esercizi a “sentire e gustare”, prendere parte alla storia narrata e quindi scegliere il modo migliore per sé di viverla nella concretezza della propria vita.

L’immaginazione, complemento della razionalità, è una delle facoltà più forti che abbiamo e ci permette di vivere nella realtà il desiderio più profondo che abbiamo: amare e servire Dio e gli altri». «Lo stesso vale per i bambini. Li invito a immaginare le scene, prendere parte alle storie. Hanno in questo molta più facilità degli adulti. Inizio con un momento di ringraziamento per le esperienze belle della settimana. Poi proseguo facendo qualche domanda collegata alla storia del giorno. Vi è mai capitato di perdere qualcosa di importante? Come vi siete sentiti? Cosa avete provato? L’aula diventa un palco, due banchi fanno la grotta dove si era smarrita la pecorella. Inizio a girare e a chiamarla. Invito poi un bimbo a rappresentarla. La scena dura massimo 10 minuti. Prendo la pecorella, la metto sulle spalle e la riporto nel recinto, dove le altre sono al sicuro. Il pastore torna dopo giorni e giorni ed è così stanco che si addormenta. Le pecorelle attendono che si svegli. Dopo un po’ iniziano a preoccuparsi. Il terzo giorno, da lontano, arriva il Padre del pastore, lo accarezza e il Figlio si risveglia. Una variante narrativa della morte e risurrezione di Gesù, che permette di veicolare anche ai piccoli il cuore della Buona Notizia». «Racconto storie del Vangelo, ma anche altri passaggi della Scrittura: la creazione, l’esodo, oppure le storie dei Santi: Francesco, Ignazio … E provo a rappresentare le “voci” che risuonano nel cuore dei personaggi, quella dello Spirito, che dona pace e chiarezza, e quella “nemica”, che “sibila” e lascia nella paura e tristezza».

Condividere da subito la Buona Notizia. «È meravigliosa la loro capacità di interagire con la storia e condividere i sentimenti più autentici. Un’esperienza che mi regala tanta tenerezza e mi sembra che sia di aiuto anche ai genitori dei piccoli». «Annunciare sempre e a tutti la Buona Notizia, il kerygma, l’amore del Signore morto e risorto per noi. Ma trovare ogni volta il modo adeguato di farlo. È un esercizio di creatività e discernimento, fondamentale nel servizio della Parola. Questo vale per tutti, piccoli e grandi. Resta il desiderio di pensare un itinerario che, in continuità, coinvolga anche i bambini delle elementari e poi gli adolescenti. Il racconto e la rappresentazione delle “storie di Gesù” aiutano – direbbe Ignazio – a “muovere gli affetti” e a decidersi per il magis, quel di più di amore e servizio che ciascuno può realizzare nell’unicità della propria vita». «Se il Vangelo si lega in termini affettivi, prima ancora che cognitivi, si radica nel cuore - conclude p. Guido - Tutto si muove in noi quando gli affetti sono toccati. Forse quando le persone ascoltavano Gesù, quando lo vedevano fare miracoli e dare la vita, si sentivano come bambini, sentivano per sé la possibilità di una “storia” nuova. La Buona Notizia va annunciata a tutti come se in qualche modo fossero bambini!».

 

Laura Galimberti
Foto: Lorenzo Pellegrinelli