In Italia 17 milioni di persone utilizzano antidepressivi per superare il disagio psichico provocato da difficoltà, fragilità, stress: si tratta del 7% della popolazione.
Dal 2014 al 2021 il consumo di ansiolitici è salito del 20%. I dati forniti dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) tornano a mettere in evidenza un fenomeno alle cui antiche cause si aggiungono oggi quelle legate al tempo della pandemia, alla vita compulsiva, alle crisi socio-economiche, alle guerre in Ucraina e altrove, ad altre tragedie che influiscono sulla serenità e sull’equilibrio psichico delle persone.
Il ricorso agli psicofarmaci per combattere le depressioni aumenta anche da parte delle nuove generazioni ma non sempre il loro utilizzo avviene su prescrizione medica. C’è un mercato esterno alle farmacie che sui social è fiorente, offre pillole di ogni tipo ed è spesso sollecitato da consigli che vengono dai cosiddetti influencer.
Si assiste a uno strano comportamento. Nel tempo della pandemia si era infatti dell’idea che occorresse fidarsi della scienza e degli esperti per battere il virus, ora di fronte al diffuso disagio psichico questo non vale più tanto e ci si affida ai social.
Come per altre situazioni e problemi viene messo ai margini il principio di autorità: chi ha studiato e si è specializzato, chi si è confrontato e si confronta con la comunità scientifica ha lo stesso ascolto di chi parla in base a convinzioni personali.
Risulta che all’utilizzo dei social quali fonti attendibili di informazione sugli psicofarmaci fanno ricorso anche i minorenni, risulta pure che nei loro gruppi si parla delle tipologie di prodotti antidepressivi e si suggeriscono le più svariate terapie.
Lo psichiatra Paolo Crepet lancia l’allarme: “Parlare di fragilità è un dovere, serve cautela, oggi si prendono pillole per tutto, un po’ come se fossero tisane, gli psicofarmaci vengono venduti on line e Dio solo sa cosa c’è dentro”.
Crepet manda un altro monito: “La chimica non salva la vita”, richiama l’urgenza di aprire percorsi educativi e di rammendare con le relazioni interpersonali un tessuto umano e sociale strappato da ansia, solitudine, sottostima. Come non leggere allora nel ricorso crescente e fuori controllo agli psicofarmaci una domanda di ascolto, di condivisione, di vicinanza?
La risposta più efficace e anche impegnativa non potrà però venire tanto dalla chimica quanto da presenze educative capaci di accompagnare l’altro nella autostima e nella stima degli altri. Il messaggio da rendere visibile e credibile a chi attraversa l’esperienza del disagio fisico o psichico è uno solo: “C’è chi ti può aiutare”.
Paolo Bustaffa
Agensir - Foto di Christina Victoria Craft su Unsplash