Papa all’udienza: “Non si può rimanere indifferenti di fronte ai missili in Ucraina”

“Le immagini e le testimonianze di questo tragico episodio sono un forte appello a tutte le coscienze. Non si può rimanere indifferenti!”. Così il Papa, al termine dell’udienza generale di oggi, in Aula Paolo VI, si è riferito al nuovo attacco missilistico di sabato scorso, che ha causato molte vittime tra i civili, soprattutto bambini a Dnipro, esortando ancora una volta a “pregare per la martoriata Ucraina, tanto bisognosa di vicinanza, di conforto e soprattutto di pace”. Al centro della catechesi, dedicata allo zelo apostolico, il primo gesto pubblico di Gesù, dopo gli anni della vita nascosta a Nazaret.

“Gesù non fa un grande prodigio, non lancia un messaggio ad effetto, ma si mischia con la gente che andava a farsi battezzare da Giovanni”, ha esordito Francesco, ricordando che Gesù, “ogni giorno, dopo la preghiera, dedica tutta la sua giornata all’annuncio del Regno di Dio e alle persone, soprattutto ai più poveri e deboli, ai peccatori e agli ammalati”.

Fare il pastore, per Lui, “non era solo un lavoro, che richiedeva del tempo e molto impegno; era un vero e proprio modo di vivere: ventiquattro ore al giorno, vivendo con il gregge, accompagnandolo al pascolo, dormendo tra le pecore, prendendosi cura di quelle più deboli”. “Gesù non fa qualcosa per noi, ma dà tutto: dà la vita per noi. Il suo è un cuore pastorale. Fa il pastore con tutti noi”, ha sintetizzato il Papa, secondo il quale “per valutare la nostra pastorale, dobbiamo confrontarci con il modello, confrontarci con Gesù buon Pastore”. “Anzitutto possiamo chiederci”, l’invito: “Lo imitiamo abbeverandoci alle fonti della preghiera, perché il nostro cuore sia in sintonia con il suo?”.

“Se si sta con Gesù si scopre che il suo cuore pastorale palpita sempre per chi è smarrito, perduto, lontano”, la tesi di Francesco: “E il nostro?”. “Quante volte – ha proseguito a braccio -  viene gente che è un po' difficile, difficoltosa per noi: ‘Ma è un problema suo: che si arrangi’. Gesù mai ha detto questo – ‘che si arrangi ‘ -  è andato Lui a trovarla. Stava con tutti gli emarginati, con tutti i peccatori. Era accusato di quello: stare con i peccatori. Perché portava proprio ai peccatori la salvezza di Dio”. “Se vogliamo allenare lo zelo apostolico, il capitolo 15 di Luca è da avere sempre sotto gli occhi”, il consiglio del Papa: “Leggetelo spesso: lì potete capire cosa sia lo zelo apostolico. Lì scopriamo che Dio non sta a contemplare il recinto delle sue pecore e nemmeno le minaccia perché non se ne vadano. Piuttosto, se una esce e si perde, non la abbandona, ma la cerca.

Non dice: ‘Se n’è andata, colpa sua, affari suoi!’”. “Il cuore pastorale soffre, il cuore pastorale rischia”, ha commentato Francesco: “Dio soffre per chi se ne va e, mentre lo piange, lo ama ancora di più. Il Signore soffre quando ci distanziamo dal suo cuore. Soffre per quanti non conoscono la bellezza del suo amore e il calore del suo abbraccio. Ma, in risposta a questa sofferenza, non si chiude, bensì rischia: lascia le novantanove pecore che sono al sicuro e si avventura per l’unica dispersa, facendo così qualcosa di azzardato e pure di irrazionale, ma consono al suo cuore pastorale, che ha nostalgia di chi se n’è andato”.

“Gesù ti insegna la nostalgia di coloro che se ne sono andati”, ha attualizzato il Papa: “Gesù ha nostalgia, di noi, e questo è lo zelo di Dio: non rabbia o risentimento, ma un’irriducibile nostalgia di noi. È lo zelo di Dio”. “E noi, abbiamo sentimenti simili?”, ha chiesto Francesco: “Magari vediamo come avversari o nemici quelli che hanno lasciato il gregge. ‘Ha lasciato la fede, lo aspetta l’inferno’, e stiamo tranquilli”. “Incontrandoli a scuola, al lavoro, nelle vie della città, perché non pensare invece che abbiamo una bella occasione di testimoniare loro la gioia di un Padre che li ama e che non li ha mai dimenticati?”, la proposta: “Non per fare proselitismo, ma per camminare insieme. Evangelizzare non è fare proselitismo. Fare proselitismo è una cosa pagana, non religiosa o evangelica. C’è una parola buona per loro e abbiamo l’onore e l’onere di essere noi a dire quella parola.

Perché la Parola, Gesù, questo ci chiede: di avvicinarsi sempre, col cuore aperto, a tutti, perché Lui è così. Magari seguiamo e amiamo Gesù da tanto tempo e non ci siamo mai chiesti se ne condividiamo i sentimenti, se soffriamo e rischiamo in sintonia con il suo cuore pastorale!”. “Non si tratta di fare proselitismo perché gli altri siano dei nostri – questo non è cristiano -  ma di amare perché siano figli felici di Dio”, ha ribadito il Papa: “Chiediamo nella preghiera la grazia di un cuore pastorale, aperto, di essere vicino a tutti per portare il messaggio del Signore e anche sentire per loro la nostalgia di Cristo. Perché, senza questo amore che soffre e rischia, rischiamo di pascere solo noi stessi. Pastori di se stessi, invece di essere pastori del gregge”.

 

M.Michela Nicolais
Agensir