Anno 132 - Febbraio 2020Scopri di più
beep... beep
Don Livio Tonello, direttore
Quotidianamente assistiamo a forme di aggressività verbale. Una aggressività qualificabile non solo come maleducazione, ma che diventa insulto e perfino offesa. Col passare del tempo le volgarità sono diventate di uso comune. Interiezioni e parolacce escono facilmente dalla bocca di molti. E non solo nei momenti di rabbia o di tensione, ma nei discorsi normali. Alla televisione e alla radio sono stati sdoganati termini un tempo indicibili. Una volta si ricorreva opportunamente ai famosi “beep” o “bip” di censura per coprire la parola inappropriata. Ora non c’è show o talk televisivo dove non si pronuncino volgarità. Vi si ricorre anche per cercare di far ridere, giocando sul doppio senso o sulle allusioni. Ne sono investiti i settori della pubblica informazione e tutti gli strati della società. Facilitatori di questa modalità sono i social dentro i quali è facile, protetti dall’anonimato, aggredire verbalmente e gettare fango sulle persone. Se un tempo il linguaggio sguaiato era sinonimo di rozzezza, povertà umana e intellettuale, ora, al contrario, è diventato indice di modernità. Ci ha messo del suo anche la politica producendo una violenza verbale che va oltre il confronto ideologico, per quanto duro lo si possa immaginare. Il guaio è che fa presa.…
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