Le famiglie, sia singole che associate, possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle persone e situazioni che l’organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere. Il contributo sociale della famiglia ha una sua originalità, che domanda di essere meglio conosciuta e più decisamente favorita, soprattutto man mano che i figli crescono, coinvolgendo di fatto il più possibile tutti i membri.
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n.44, 22 novembre 1981
Nel prosieguo del suo testo, Familiaris Consortio dedica molti paragrafi al tema del servizio alla vita e alla sua promozione, un argomento delicato e fondamentale in cui, però, il richiamo è costantemente al magistero espresso in Humanae Vitae da Paolo VI che abbiamo già trattato e di cui Giovanni Paolo II, in continuità col suo predecessore chiede un intenso e fecondo approfondimento.
Ci sia concesso, quindi di passare ad una parte successiva della Esortazione che il Papa introduce così: “Il compito sociale della famiglia non può certo fermarsi all’opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di espressione”. È l’invito che il Papa rivolge alla famiglia perché si assuma il suo proprio compito sociale e politico. Una dimensione fondamentale, che non può essere elusa: tutto quello che di buono, giusto e bello la famiglia sa costruire in se stessa non può e non deve rimanere un patrimonio privato, un tesoro da custodire gelosamente all’interno delle quattro mura domestiche.
Esattamente come il rapporto con Dio presuppone la relazione orizzontale fra fratelli come necessario compimento dell’amore ricevuto, così la famiglia, cellula vitale della Chiesa e della società è chiamata ad aprire le porte e le finestre della propria casa per conoscere e prendersi cura della realtà che la circonda. Il Papa fa esplicito riferimento alle associazioni di famiglie, ovvero a quelle reti del tessuto sociale che permettono un’azione collettiva e quindi più efficace, ma prima di tutto il presupposto è la disponibilità all’accoglienza dei bisogni esterni da parte del nucleo famigliare; un’attitudine che si impara in famiglia e con la famiglia.
Giovanni Paolo II è consapevole che, per esempio, il grande tema dell’ospitalità non può riguardare solo i genitori, ma coinvolge tutti i membri della famiglia in una dimensione corale, in cui ciascuno ricopre un ruolo particolare, può dare il suo specifico apporto, la sua attenzione personale. È bello riscoprire quello che era un tratto distintivo già dei primi cristiani: tenere la porta aperta, accogliere lo straniero, il pellegrino, magari anche la persona malata. Oggi, forse, le nostre case, secondo la concezione urbanistica dominante per lo più individualista, sono meno pronte alla ricezione fisica delle persone esterne, ma pure non mancano esempi edificanti e poi vi sono esperienze di comunità e case famiglia in cui è il nucleo famigliare che esce in uno spazio più grande per accogliere e accudire le persone che necessitano di un aiuto concreto.
Già ai suoi tempi Giovanni Paolo II – che più avanti parlerà esplicitamente di principio di sussidiarietà – sprona le famiglie ad andare incontro a tutte quelle povertà che il sistema previdenziale e assistenziale della società non riescono a raggiungere. Vuol dire senz’altro agire nel concreto, soddisfacendo povertà materiali, che ancora riguardano un’ampia fetta della popolazione, ma significa anche rendersi conto delle povertà spirituali, delle preoccupazioni, delle solitudini profonde che molte persone vivono nelle nostre città, nei nostri condomini.
Spesso più della spesa portata a domicilio, può avere valore un abbraccio, una telefonata, un pensiero spontaneo e gratuito, come può essere il biglietto o il disegno di un bambino. Sono queste le risorse collettive di una famiglia cristiana. Se da un lato si fa testimone di carità nell’azione, nella preghiera, nella stessa presenza sul territorio, dall’altra – coordinandosi con le altre famiglie (oggi questo movimento dal basso è molto cresciuto e ha ottenuto anche importanti risultati sul piano istituzionale) si fa portavoce di quelle istanze di promozione umana che fattivamente edificano la vita politica del nostro Paese inducendo a leggi che difendano e promuovano i diritti e i doveri della famiglia stessa.
L’auspicio del Papa è che le famiglie cristiane non siano indifferenti alla politica per poi magari doverne subire imposizioni non in linea con la loro concezione della vita. Anche in questo ambito l’invito è sempre lo stesso: famiglia diventa ciò che sei, ovvero protagonista della società nella storia.
Giovanni M. Capetta
(Agensir)