La tentazione di rimpiangere le cipolle d’Egitto è dietro l’angolo. Dai commenti che circolano, si evidenzia che oggi molti vorrebbero riprendere la propria vita come prima. È come se nulla fosse successo in questo tempo! La precarietà e la fragilità sono state sperimentate con intensità diversa da tutti e non è stato facile per molti scoprire i propri contorni limitanti, soprattutto quando è stato toccato il fango di cui siamo fatti. Ciascuno è stato costretto a fare i conti con gli effetti della pandemia, ha dovuto ridimensionare il delirio della propria onnipotenza, infrangere l’immagine intoccabile costruita nel tempo.
“Che cosa cercate o chi cercate?” sono le domande che Gesù rivolge costantemente a ciascuno di noi e che sono vitali anche per l’ateo, per poter capire che cosa si sta muovendo nella propria vita. Esse sollecitano una risposta consapevole che parte da una conoscenza dei bisogni reali e personali, per poterli gestire e coniugare con il senso della propria esistenza. É la condizione che permette di decontaminare il campo che ci tiene spesso bloccati in una ricerca superficiale senza obiettivi da raggiungere.
Oggi chi o che cosa stiamo cercando? La tentazione di rimpiangere le cipolle d’Egitto è dietro l’angolo. Dai commenti che circolano, si evidenzia che oggi molti vorrebbero riprendere la propria vita come prima. É come se nulla fosse successo in questo tempo! La precarietà e la fragilità sono state sperimentate con intensità diversa da tutti e non è stato facile per molti scoprire i propri contorni limitanti, soprattutto quando è stato toccato il fango di cui siamo fatti. Ciascuno è stato costretto a fare i conti con gli effetti della pandemia, ha dovuto ridimensionare il delirio della propria onnipotenza, infrangere l’immagine intoccabile costruita nel tempo. Ci siamo scoperti fragili, insicuri, inconsistenti, fluidi. Ognuno per rabbia o per fede si è trovato in contatto con il limite, ha cercato di bypassarlo o di infrangerlo, si è trovato di fronte all’invalicabile oppure all’Invisibile.
Siamo implosi o ci siamo aperti alla ricerca? Consideriamo le domande di senso anacronistiche e le abbiamo, in realtà, solo accantonate. Senza la chiarezza del senso della vita, anche noi cristiani, in alcuni momenti, ci troviamo a brancolare nel buio o nella confusione.
Chi stiamo cercando e come siamo portatori di bene laddove viviamo? La Storia oggi ci interpella spesso con il silenzio. É giunto il tempo di scelte evangeliche che rendono la nostra vita credibile con la testimonianza. Non basta conoscere intellettualmente Dio, bisogna cercare costantemente il suo volto, seguire Gesù Cristo e il Vangelo, stabilire costantemente una relazione con lui. Vivendo alla presenza di Dio, nonostante siano ancora presenti comportamenti individualistici, possiamo costruire con il Risorto una società dell’amore che si prende cura di ogni vivente.
Non possiamo permetterci di rimanere da spettatori sulla soglia della storia. È urgente il proprio coinvolgimento nella politica, “la forma più alta di carità”, come viene definita anche da papa Francesco, nella società, per portare in ogni ambito il proprio contributo libero e non ideologico, umano ed evangelico che tenga conto non solo della singola persona, ma anche del bene comune, per favorire la giustizia, la pace, la solidarietà, l’accoglienza e il dono di sé sempre come Gesù.
La persona che riconosce, coniuga, sviluppa e armonizza ogni aspetto della propria vita, dimostra nel tempo una chiara identità. L’integrazione dei vari elementi offre una personalità capace di riorientare costantemente la propria esistenza secondo Gesù Cristo e il Vangelo, dando senso alla vita.
Con quanta fatica in questi mesi siamo stati “costretti” a fare i conti con la nostra individuazione e con il senso di appartenenza! L’esperienza dei confini spesso slabbrati della nostra vita così immersa in questi anni nel mondo globalizzato, vagante tra una connessione e l’altra, non ci ha permesso di esserci con tutta la corporeità nell’attimo presente. Rimanendo sull’onda virtuale, non sempre siamo riusciti a definirci come persona, a familiarizzare con la profondità della nostra esistenza. Confondendo la nostra vita con la fluttuazione del tempo, ancora oggi rischiamo di non esserci nel tempo, perché perdiamo il contatto con la realtà. Sperimentando talvolta l’estraneità non solo verso noi stessi, ma anche verso gli altri, spesso siamo altrove con la mente, perciò non sempre disposti ad aprire il cuore, per accogliere o andare verso l’altro/a anzi, molte volte, ci trinceriamo dietro una difesa esasperata che annulla il senso di appartenenza ad una persona, ad un gruppo, ad una comunità.
Per difendere che cosa? A questo punto possiamo chiederci se questa esperienza ci sta aiutando nella crescita personale. É vero che la fatica sperimentata ci spinge a non cogliere il positivo, ma in realtà in questo tempo ci siamo allenati a rimanere in relazione con gli altri al di là della presenza fisica: la ricerca spasmodica dei contatti dice qualcosa a questo proposito! Se abbiamo sofferto tanto per l’assenza delle persone care, degli amici, dei luoghi di solito frequentati, come vogliamo oggi continuare a dare valore alle relazioni e come acquisire o approfondire uno sguardo contemplativo della vita? Rimanendo rivolti sempre verso il tu dell’Altro/altro, possiamo superare i limiti del nostro steccato a volte rassicurante, per scoprire nella storia la presenza dell’amore fedele di Dio rivelato da Gesù Cristo, che si dispiega nella bellezza dell’esserci di sé e di ogni persona, nel senso e nel significato della vita umana, nella connessione armonica con il creato.
Diana Papa - Agensir